Fenda, Fuga di Joana Corona

L’artista brasiliana Joana Corona espone nella sua prima personale italiana dal titolo Per il letto del fiume (ciò che sfugge da me) alla MuGa multimedia gallery a cura di Giorgia Borrello e Donato Di Pelino. La mostra nasce dal soggiorno di un anno di Joana a Roma. La particolarità di quest’artista è la confluenza di diverse discipline: letteratura, filosofia e arte visuale. Nasce come poetessa, della poesia e del rapporto fra poesia e immagine dice: «La poesia è sempre stata presente nelle mie letture fin dall’infanzia. Ho pubblicato un libro di poemi che si chiama Crostácea. Scrivo ancora oggi, ma adesso tolgo le parole che già ci sono nel testo. Mi sono specializzata negli studi letterari e la mia ricerca di dottorato al momento è incentrata sulla teoria letteraria nel rapporto con la teoria dell’arte partendo dal lavoro dell’italiano Claudio Parmiggiani: indago sia la sua opera visiva, sia i suoi testi – testi d’artista, poesie, lettere, testi critici. L’arte visiva mi seduce anche perché ho cominciato da estranea a questo mondo, mondo che mi offre sempre più straniamenti che certezze. Penso – continua – che si possano pensare le immagini separate dalle parole, ogni forma espressiva ha il suo processo di esistenza: le immagini devono parlare di per sé – il testo non deve spiegarle – e il testo non deve essere legenda dell’immagine. Credo nella possibilità che siano indipendenti sia nel pensiero (nell’immaginazione), sia nella concretezza fisica e materiale. Ma, allo stesso tempo, posso pensare, filosofica e astrattamente, come fa Jacques Derrida, con il suo concetto di testo, che l’immagine può essere testo e il testo può essere, e lo è, un’immagine. Allora, queste due esistenze, per me, vivono anche della possibilità di non essere così definite perché sono tutto e niente allo stesso tempo».

In mostra il video Fenda, Fuga che qui proponiamo, in cui un libro affonda nel Tevere. Il nome del lavoro nasce dalla videoinstallazione che lo ha visto protagonista nel 2013 a Cutriba in Brasile: era proiettato sul pavimento ed era visibile attraverso una ”fenda” ovvero una “fessura”, mentre la sensazione che dava e che da, era quella di una fuga del libro verso il letto del fiume associata alla perdita di senso delle parole, della lettura. Del senso di perdita che nasce dalla lettura l’artista dice: «Credo che nell’esperienza della lettura, sia del mondo in generale, sia di un’immagine o di un testo, si naufraghi sempre: non possiamo assorbire alcuna cosa senza la perdita dell’io, del noi, cioè, del lettore-soggetto, e poi del testo che a volte va diretto verso l’oblio. Questo significa anche pensare alla lettura e alla memoria come oblio, come lacuna, come una forma di vuoto, e non solo nella direzione di accumulazione del ricordo. Possiamo riferirci all’opera di Samuel Beckett, di Marcel Proust, di Alberto Giacometti, fra gli altri». Nel video: “la scomparsa del libro è veloce come una perdita subita, perché la densità dell’acqua, il suo colore, l’inquinamento, fanno scomparire l’oggetto in sei secondi. Ma affonda anche lo spettatore, e questo è ancora un segno della perdita nell’impossibilità di assorbimento del libro, del testo, dell’immagine, che sfuggono sempre”, dalle parole di Corona. L’artista ha voluto ambientare il suo lavoro nell’acqua per la sua attrazione innata verso questo elemento e perché: “mi fa pensare alla lettura come movimento, al libro come movimento, e non come oggetto fisso. L’acqua diventa corpo e c’è la profondità. Per me le parole sono illeggibili, per questo inaccessibili. La loro presenza è quella di una sostanza materiale che porta il vuoto e le vestigia di un primo testo, per diventare un altro testo: un testo che dice senza dire, che parla in silenzio, che porta il peso dell’assenza, oppure che affonda e naufraga con il proprio peso – il peso dell’oggetto nell’acqua e il peso della lettura».

Ma come ha scelto il libro l’artista?: «Mi interessava l’idea del libro come un’entità, come il libro dei libri – da Jorge Luis Borges nella Biblioteca di Babele. Doveva essere leggero, con la copertina morbida, perché affondasse come volevo io; in serie, perché ho comprato diversi esemplari dello stesso libro; economico, perché ne ho comprati tanti. L’esperienza è durata alcuni mesi: ho foto e video del processo in diverse parti del fiume che hanno caratteristiche dell’acqua, del movimento, del colore, della luce, tutti differenti. E, alla fine, il libro che affonda e si rovina è dozzinale, con una tiratura grande, non potrebbe essere mai un libro raro». Corona ha scelto il Tevere perché è il fiume di Roma, città in cui è nato il progetto, e inoltre racconta: “da un lato, il Tevere è un fiume grande, imponente, storico, importante, che attraversa una parte significativa della città, dall’altro, sembra essere fuori dalla città: sembra lontano e vicino allo stesso tempo. Per me era anche un rifugio – e credo che nella città bisogna sempre avere la possibilità di crearsi dei rifugi. Nel Tevere c`è tensione: il suo colore favorisce il colore dell’oggetto nella luce, e allo stesso tempo, l’inquinamento e la sporcizia lo rendono fangoso e scuro. Ciò ha dato al lavoro un aspetto ancora più enigmatico. L’acqua densa e buia rende sfuggente, sia il libro, sia la sua immagine». È importante anche l’aspetto storico del Tevere come “elemento di esistenza della città fin dalla sua fondazione”. Fino 16 febbraio, MuGa multimedia gallery via Giulia 108/109, Roma. Info: 0645540484; www.muga.it

fenda, fuga from Joana Corona on Vimeo.

 

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