Izis, il poeta delle immagini

Jacques Prévert, suo amico e compagno di viaggio, lo definì le colporteur d’images, il venditore ambulante d’immagini. Israëlis Bidermanas, detto Izis, era un ebreo di origine lituana, emigrato a Parigi negli anni ’30 per fuggire alle persecuzioni antisemite e rifugiarsi nella ville des rêves, col sogno di diventare pittore. Invece iniziò a lavorare clandestinamente in uno studio fotografico, fino ad arrivare a dirigerne uno tutto suo nel 13° arrondissement.

È dopo la seconda guerra mondiale che Izis raggiunge l’apice della sua carriera lavorando da reporter al Paris Match, come specialista del ritratto, collaborando con la rivista per vent’anni. Tuttavia non lo si può definire un cronista tout court. I suoi scatti non si limitano a fissare un dato assunto dalla realtà, ma ne filtrano l’essenza, l’anima, cogliendo l’istante in cui il mondo era distratto, mentre il suo occhio attento.

La Provincia di Milano e la Fondazione Alinari, in collaborazione con la Ville de Paris, presentano allo Spazio Oberdan fino al 6 aprile un’importante retrospettiva al rappresentante di quella che è stata definita fotografia umanistica, a cura di Manuel Bidernabas e Armelle Canitrot. Attraverso diverse sezioni riusciamo a ripercorrere le tappe della vita e della riflessione artistica di questo poeta dell’immagine. Partendo dalla sua intensa attività giornalistica, che gli ha permesso di fotografare noti nomi del panorama culturale parigino, Camus, Rouault, Calder, Soulages e tanti altri, si può apprezzare il taglio insolito dato alle sue fotografie. I ritratti non sono quelli di volti in posa, ma scorci di momenti fugaci, che capitano solo una volta e poi scompaiono. Merita menzione, tra quelle presenti in esposizione, la fotografia di Roland Pétit, in cui il coreografo è in secondo piano, e protagoniste sono le sue dita che, come quelle di una bambina, mimano ingenuamente i passi di danza. I sogni di Parigi lo allontanano dalla realtà, portandolo nella dimensione onirica della ville lumière, coi suoi carousels, il circo, le atmosfere gioiose e malinconiche, i baci rubati in piedi “contro le porte della notte” di Prévert. Alla stregua delle fotografie di Doisneau, le immagini della vita parigina si affastellano impresse nella duplice pellicola della memoria e della testimonianza. Brusco ritorno alla realtà con la sezione dedicata a una Londra distrutta dalla guerra, in cui le macerie lasciano il segno su una città ferita e, ugualmente crude, le immagini del suo reportage in Israele, in cui passato e presente, repertorio pubblico e personale diventano trame fitte dello stesso tessuto.

Di inestimabile valore sono le fotografie dedicate a Marc Chagall, conosciuto nel ’49 attraverso il Paris Match. Accomunati oltre che dalle loro origini, dal loro modo di osservare il mondo, sospeso nel sogno, ma al contempo dinamico, i due diventano presto amici, lavorando per lungo tempo a stretto contatto, specie sul cantiere dell’opera Garnier, per la quale Chagall stava realizzando i suoi dipinti. E all’amico Izis fa il più bel dono, quello del colore: dalle immagini in bianco e nero, si passa al rosso, al blu di Chagall, amico, collega ma anche probabilmente il pittore che Izis avrebbe voluto essere.

Fino al 6 aprile; spazio Oberdan, viale Vittorio Veneto, Milano; info: oberdan.cinetecamilano.it

 

 

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