Macro, il giallo continua

Roma

Le vicende che interessano il museo Macro di Roma sono ormai da mesi sulla bocca di tutti. Nonostante l’assessore alla Cultura Flavia Barca abbia più volte rassicurato l’opinione pubblica sulle sorti del museo, il caso, a ogni nuovo risvolto, suscita nuove incertezze e preoccupazioni. A breve il non-museo, che alla sua direzione ha avuto per qualche tempo un quasi-direttore, Alberta Campitelli, il cui mandato ad interim è da poco scaduto, si appresta a presentare una nuova figura dirigenziale: «A giorni dovrebbe essere pubblicato il bando, pronto da tempo, che ci darà il nuovo direttore» ha comunicato l’assessore. La strada tuttavia non è diritta e lineare, ma tortuosa e scoscesa e, a ogni nuovo passo, il Macro è a rischio frana, sottoposto a continue agonie. Com’è possibile? Verrebbe da chiedersi, leggendo le cifre dei visitatori registrate a gennaio: 15mila visitatori al Macro di via Nizza e 9 mila alla struttura di Testaccio.

Questa volta, la nuova ragione di preoccupazione sono i tagli, che, dopo le alte cariche (ricordiamo che Bartolomeo Pietromarchi era stato ”fatto fuori” senza alcuna comunicazione ufficiale) interessano il personale interno. Con una comunicazione di servizio ieri Maria Bonmassar, capo ufficio stampa del Macro, ha ufficializzato il termine del suo incarico. Ma non è l’unica: altre tredici colleghe a fine febbraio non vedranno rinnovare il loro contratto, molte delle quali sono storiche dell’arte altamente qualificate. Questa decisione di svilire la struttura nel suo punto di forza, quello delle competenze scientifiche (che ahinoi, in Italia, in fasi di cambiamento, è sempre il primo a essere penalizzato) solleva non poche preoccupazioni. L’assessore, però, calma gli animi e assicura: «La Sovrintendenza comunale sta mandando personale altrettanto qualificato».

Ma Beatrice Bulgari, presidente dell’associazione MacroAmici, l’ente che da anni sostiene e promuove le attività del museo, non accenna a calmarsi. Sono mesi che esprime le sue critiche rispetto a quella che giudica una cattiva gestione, un’accusa rivolta in primo luogo alle decisioni dell’assessore: «Non so che dire – ci confessa – esprimo tutto il mio sconforto e il mio stupore nel vedere il Macro, per cui noi in prima persona abbiamo investito soldi e speranze, totalmente massacrato e ridotto in cenere. Gli investimenti che abbiamo fatto noi privati non sono soltanto di tipo economico – spiega – ma riguardano le reti di rapporti nazionali e internazionali che abbiamo con fatica creato. L’assessore Barca da quando è arrivata non fa altro che tranquillizzare, ma la situazione è davvero allarmante, soprattutto per il fatto che è tutto fermo, non c’è una valida programmazione. Purtroppo non ci sono stati nuovi incontri fruttuosi con l’assessore perchè da tempo non riceviamo risposta alle nostre richieste di venire a conoscenza dei nuovi risvolti. Per il momento – conclude – posso soltanto dire che siamo in una situazione di stallo, restiamo in attesa, nella speranza di ricevere buone notizie. Si spera sempre in un miracolo…».

Bartolomeo Pietromarchi si esprime oggi su Repubblica con toni severi rispetto alle nomine: «Sento parlare di un concorso per il direttore. Mi risulta difficile capire su quale base sarà fatto… rischia di essere una copertura per decisioni già prese», mentre Ludovico Pratesi si domanda afflitto che fine abbiano fatto i bei discorsi annunciati in campagna elettorale sul rilancio delle istituzioni culturali.

Strano ma vero, un possibile nome sembrerebbe finalmente spuntare: Francesco Bonami, già curatore del premio Enel, che è da sempre ospitato nelle sale del museo sarebbe in pole position per l’incarico. Certo Bonami, con i suoi rapporti con Enel contemporanea e il suo incarico già consolidato di direttore artistico della fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino, potrebbe dare un valido aiuto a risollevare le sorti del povero Macro.

Tuttavia, inutile farci troppo la bocca… si sa che spesso i primi a essere nominati, sono i primi a essere esclusi. Siamo sicuri che, come sostiene Pietromarchi, non sia soltanto uno specchietto per le allodole, che permetta all’assessore di prendere ancora tempo prima della comunicazione ufficiale?

Articoli correlati