Giovanni Chiaramonte, Westwards

Milano

Nella tradizione dei grandi esploratori italiani, Giovanni Chiaramonte è sbarcato sulle spiagge del nuovo Mondo e ha puntato lo sguardo verso occidente. Dai suoi viaggi riporta racconti di una terra un tempo ricca e spaziosa, ora sfruttata e devastata, un luogo di desolazione fisica e spirituale. Ovunque volga lo sguardo è presente la matrice della civiltà; edifici crollano, carreggiate scivolano nel mare, individui vagano senza meta e il suolo su cui camminiamo è sopraffatto dalla natura. A ingombrare il paesaggio appaiono spenti memoriali di guerra e distruzione – aerei da caccia e granate di cannone – utilizzati come giochi per bambini o decorazioni di parchi. Guardare verso occidente simboleggiava un tempo scoperta e speranza. Nuove conoscenze sulle meraviglie del mondo attendevano quanti erano così coraggiosi da intraprendere il viaggio. Chiaramonte, curioso quanto i suoi predecessori, sembra dirci: «Questa terra straordinaria e avvincente eccita il mio occhio e la mia mente, però qui è rimasto poco che riesca ad accendere ancora la speranza». Potrebbe aver ragione e per questo mi fa piangere. Viene da una cultura bimillenaria dove i valori della famiglia e della comunità, del dialogo e degli affetti nella vita quotidiana sono ritenuti importanti. Attraverso i suoi occhi, l’America si rivela come un grande crocevia umano dove avanza l’esperimento di una cultura multinazionale e dove questi valori sono stati quasi del tutto recisi dalla dura realtà della vita moderna. Quale testimone di questa lotta egli sembra lanciarci l’ammonimento a non sottovalutare le conseguenze del desiderio sviato, del materialismo e dell’individualismo.

Articoli correlati