La singolarità del doppio. Questo è il titolo dell’autoritratto di Carlo e Fabio Ingrassia. I due fratelli catanesi, classe 1985, che vantano già un curriculum di tutto rispetto tra pubblicazioni, esposizioni, realizzazione di opere pubbliche e la partecipazione per due anni consecutivi alla Biennale di Venezia. Ad essere precisi, Carlo e Fabio non sono semplicemente fratelli. Sono gemelli omozigoti. La loro singolarità, però, non sta né nell’essere gemelli, né, tanto meno, nell’essere omozigoti, identici. Singolare è, però, il loro lavorare a quattro mani. Da sempre. A partire dagli stessi studi all’accademia di Belle arti fino al disegnare insieme, e del loro disegno fare scultura. Mettendo insieme l’eguale abilità di cui la natura li ha dotati, i due gemelli plasmano opere d’arte senza eguali.
Molte di queste sono esposte fino al 26 gennaio nei locali dell’Indipendet cultural space ritmo, a Catania. Sezioni e polveri è la mostra dedicata ad alcuni dei lavori realizzati dai due artisti. Si concentra, come può suggerire il titolo stesso, sull’uso dei pastelli, in particolare su cartone. Ecco, dunque, le sezioni e le polveri. Le sezioni di carta e cartoni che, a impalcature montate, mettono su strutture che hanno tutta la possenza e la tridimensionalità delle opere architettoniche o, quanto meno, scultoree. E poi le polveri. I gessi e i pastelli a dare colore e realismo a quelle opere. La combinazione meticolosa, quasi scientifica, delle tecniche e degli elementi adoperati, come si trattasse di veri e propri esperimenti da piccoli chimici, permette di ottenere un’opera che abbia un alto valore di presenza. Un’opera che appare concreta, nella sua artificiosità. Stabile nella sua costruzione a più mani. I capolavori dei fratelli Ingrassia appaiono come «piccoli scrigni aperti, dove delle case appaiono nella loro realtà».
Ciò che è possibile ammirare nell’ultima mostra catenese, dunque, non è che una piccola parte di ciò che Carlo e Fabio Ingrassia, insieme, riescono a realizzare. Il loro è un vero e proprio laboratorio di ricerca, in cui il raggiungimento della parfetta alchimia è necessario punto di partenza per la realizzazione di opere che, seppur nella duplicità del lavoro, siano propriamente uniche. E il loro affiatamento alchemico è ormai consolidato e collaudato in una «tecnica raffinata e precisa, per raggiungere la liricità che l’immagine custodisce e fare emergere suggestione e mistero». Il loro modo di fare arte, cosi meticoloso e scientifico, è dovuto non solo a una certa e conclamata predisposizione artistica, ma anche a una naturale predisposizione fisica, che consente loro, non solo di lavorare assieme alla stessa opera, ma – trattandosi per lo più di disegni – di lavorare contemporaneamente sullo stesso supporto cartaceo. Essendo uno mancino e l’altro destrorso, possono lavorare a pastello nello stesso momento e sullo stesso foglio.
Così, come due tessitrici dinanzi al telaio che reggono e incrociano gomitoli e fili di diverse consistenze e diversi colori, Carlo e Fabio tessono le loro opere, necessitando dello stesso affiantamento delle intelaiatrici. Quasi a fondersi in una sola persona affinchè ciò che l’uno inizia possa essere continuato dall’altro e viceversa. «Il supporto cartaceo svolge, allora, nella tessitura, il tema monocromo secondo il differente livello degli strati di colore che accoglie». Secerne spessori, li trasuda, suggerisce i contorni tra gli oggetti che abitano il foglio e quello sfondo «da cui sembra bandito il colore». Spesso le velature di grigio da cui scaturisce il colore, il rivoluzionario approccio alla scultura e la stessa interazione tra questa e il disegno richiamano l’arte metafisica. E gli stessi artisti, in una recente intervista, hanno annoverato Giorgio De Chirico come uno dei maestri da cui trarre insegnamento e ispirazione. Alla scuola metafisica fa ripensare il frequente ricorrere ad immagini di sculture classiche o di giochi d’infanzia (come la scultura e la trottola metallica in Le stagioni sono eterne, perchè fedeli ai colori della prima volta – 2009). E come in quei miti e in quei riti che la metafisica evocava, l’opera d’arte «si configura come un vicenda oscura e ambivalente, di cui l’artista si fa – semplicemente – interprete».
Fino al 26 gennaio 2014; Independent cultural space , via Grotte Bianche 62, Catania