Cinema, le uscite

La settimana cinematografica accompagna gli appassionati dell’azione con l’ultimo lungometraggio di Spike Lee, Oldboy in cui si racconta la storia di Joe Doucett, interpretato da Josh Brolin, e il paradossale mistero per il quale viene liberato dopo una prigionia isolata durata vent’anni. Il film dalle tinte pulp è il rifacimento della pellicola coreana diretta da Chan-wook Park che porta lo stesso titolo, eppure ci si trova di fronte a due scelte stilistiche totalmente diverse. L’impronta di Lee spinge maggiormente su aspetti drammatici catapultandoci in una sensazione claustrofobica in cui il protagonista si trasforma in carnefice non perdendo comunque il profilo del perseguitato, e di colui che diviene bersaglio favorito di circostanze farcite da macchinazioni. Un confronto filmico ispirato dal fumetto manga di Garon Tsuchiya e Nobuaki Minegishi di diverso tipo ma comunque attratto da aspetti di tensione e colpi di scena, dove non mancano scene oltremodo crude che potrebbero creare disturbo a uno spettatore non propriamente abituato a scene di sostanziale violenza e magari più indirizzato a un genere filmico come quello rappresentato da Fabio Mollo nel Sud è niente, in cui la protagonista Grazia (Miriam Karlkvist) a un certo punto della sua vita comincia a non credere al fatto che suo fratello sia realmente morto. Distribuito da Istituto Luce Cinecittà il film è una valida sperimentazione cinematografica sorretta dalla sceneggiatura dello stesso Mollo e Josella Porto, e che genera sembianze nascoste nelle quali le grida sofferenti di Grazia si odono in fortissime all’interno di un sud Italia caratterizzato da aspetti sociali anche conosciuti e impressi in una grande determinazione volta alla consapevolezza e al cambiamento.

Un’opera dal sapore intellettuale e poetico che trova confronto registico nell’ultimo lungometraggio di Woody Allen Blue Jasmine interpretato da Cate Blanchett e Alec Baldwin, nel quale la borghese protagonista Jasmine decide di volersi ricostruire una vita conseguentemente al fallimento del suo matrimonio con Hal (Alec Baldwin) trasferendosi a San Francisco dalla sorella Ginger, interpretata da Sally Hawkins. Decisamente uno dei ritratti femminili più riusciti dell’autore che si plasma con assoluta armonia alla regia dello stesso e alla bravura della Blanchett. I dialoghi affondano in un ritmo visivo regolato dalle giuste frequenze che fanno da conduttore all’interpretazione della protagonista, che mostra con fermezza espressiva e gestuale il cinismo e l’esplorazione sociale che dà sempre caratterizza Allen, il quale nelle sale di questa settimana trova un valido rivale in Steven Soderbergh con Dietro i candelabri in cui appare un Michael Douglas in vesti decisamente nuove e improbabili caratterizzando il pianista Liberace e la sua relazione con il più giovane Scott Thorson (Matt Damon). Sceneggiato da Richard LaGravenese e musicato da Marvin Hamlisch il film, dal titolo originale Behind the Candelabra, porta i segni di piccole cicatrici drammatiche nello sfarzo del kitsch e nella bravura di Douglas che riesce a distinguersi grazie ad una impegno recitativo che ben si compatta con il personaggio reale da cui prende spunto il film; l’intrattenitore Wladziu Valentino Liberace (1919-1987) artista più pagato al mondo durante gli anni Cinquanta e Sessanta. Damon non è da meno offrendo una delle sue migliori interpretazioni e tessendo con giusta intesa il rapporto con il co-protagonista, inoltre il contributo della costumista Ellen Mirojnick diviene decisivo per una pellicola dai tratti biografici che, citando il produttore Jerry Weintraub, «punta a descrivere la necessità di fingere e di nascondere la propria vita da parte di un personaggio pubblico». Il film dunque porta anche ad affrontare, analizzare e argomentare i cambianti sociali inerenti a tale questione e come si sono protratti fino a oggi.

Servizio e montaggio a cura di Fabio Di Berardino

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