Apocalisse in giallo

Maziar Mokhtari Mobarakeh nasce a Isfahan (Iran), il 18 marzo 1980. Nel 2010, dopo la formazione all’accademia di Belle arti di Roma e diverse esperienze nel campo della pittura, grazie al suo viaggio in Iran si avvicina per la prima volta alla fotografia e al tema del muro, tematica che diviene fondamentale nella sua poetica. «Mi sono reso conto – dichiara l’artista – che ad Esfahan, la mia città natale, alcuni muri sono ricoperti di colore giallo, come se fossero cancellati attraverso questo colore. L’intera città sembra andare verso la cancellazione. Ho sentito che il muro era come un testo scritto in cui tutte le parole sono state cancellate». Al centro dei lavori di Maziar vi è quindi il colore giallo, declinato nel nuovo progetto dell’artista, Yellow apocalypse, che idealmente continua la serie precedente Palimpsest. È possibile, fino all’11 gennaio, visionare il progetto nel nuovo spazio nella Manifattura delle arti di Bologna, luogo nato su progetto dell’architetto Aldo Rossi, in cui avviene la prima personale in Italia dell’artista iraniano. In Yellow apocalypse, l’intento di rappresentare una città con un solo colore viene maggiormente accentuato. Un insediamento monocromatico in cui tutto, persone, strade, edifici e arredi, è rivestito dal colore ocra, come se qualsiasi cosa venisse coperta da una patina di polvere e sabbia.

”L’artista – scrivono Vasco Forconi e Margherita Maccaferri, i curatori della mostra romana del Talent Prize 2013 dove Mokhtari espone tra i finalisti con l’opera Former flour factory – racconta attraverso le sue immagini di quel ”muro”, quella chiusura forzata che ancora oggi, e forse più di ieri, è tanto forte nel suo paese d’origine, l’Iran. Attraverso il video e la fotografia, questo giovane artista si è inserito sulla scena internazionale portando con sé tratti tipici della sua tradizione: è proprio in quel giallo dai riflessi dorati, simbolo di forti contraddizioni, che il lavoro di Mohktari prende vita”. Per Mohktari è importante rafforzare un’arte che «nasca da un’esperienza vissuta» e per questo assolutamente concreta e reale. “I muri dipinti – precisano i due critici – diventano così il simbolo di una cancellazione totalizzante, del concetto universale di barriera, che nega la diversità e la oscura in modo definitivo. Questo confine è tanto fisico quanto metaforico: porta con sé il segno, la testimonianza, la memoria di una civiltà che viene truccata, dipinta come fosse la maschera di se stessa”. La mostra bolognese Yellow apocalypse viene accompagnata da due testi critici del poeta iraniano Kayvan Tahmasbian e del curatore e critico italiano Eugenio Viola: due punti di vista diversi e complementari che dialogano sul lavoro di un artista diviso a metà tra Iran e Italia.

Dal 15 novembre all’11 gennaio, galleria Oltredimore, via del Porto 48 a/b, Bologna. Info: www.oltredimore.it

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