“A differenza di quanto generalmente si creda, gli uomini del Medioevo sapevano osservare assai bene la fauna e la flora ma non pensavano affatto che ciò avesse un rapporto con il sapere, né che potesse condurre alla verità. Quest’ultima non rientra nel campo della fisica, ma della metafisica: il reale è una cosa, il vero un’altra, diversa. Allo stesso modo, artisti e illustratori sarebbero stati perfettamente in grado di raffigurare gli animali in maniera realistica, eppure iniziarono a farlo solo al termine del Medioevo. Dal loro punto di vista, infatti, le rappresentazioni convenzionali – quelle che si vedono nei bestiari miniati – erano più importanti e veritiere di quelle naturalistiche. Per la cultura medievale, preciso non significa vero. Del resto, cos’è una rappresentazione realistica se non una forma di rappresentazione convenzionale come tante altre?”. Le parole di Michel Pastoureau descrivono in maniera nitida la volontà dell’illustratore di un bestiario medievale di costruire mondi apparentemente illusori ma che celano, al loro interno, la sottintesa convinzione di descrivere attraverso la natura l’anima dell’uomo. Nel bestiario il lettore percorre un sentiero dedito a suscitare meraviglia, a scardinare la realtà iniziando un cammino che possa connettersi in qualche modo al sogno. Alla casa dell’architettura di Roma, negli spazi della -1 art gallery, sotto la cura di Giorgio de Finis, Nicola Alessandrini e Gio Pistone hanno ricreato, attraverso le loro originali cifre stilistiche, una sorta di moderno bestiario dove poter ritrovare le testimonianze di un mondo in cui l’ordine della natura è sovvertito. I due artisti, interagendo senza alcuna discontinuità, portano dinnanzi gli occhi dello spettatore, immagini, presenze, segni alimentati da un universo immaginifico ed irreale. Abbiamo incontrato i protagonisti della -1 art gallery per capire i retaggi di questa originale tradizione figurativa e per approfondire la matrice effimera e transitoria di uno spazio unico dedicato all’arte.
Gio, i tuoi lavori sono caratterizzati da una particolare cifra stilistica, da dove proviene il tuo mondo immaginifico?
«Provengo dal disegno puro da quando ero piccola, mio padre è uno scultore e incisore quindi ho sempre avuto la possibilità di confrontarmi con questo mondo. La prima volta che mi sono messa in gioco è stato quando ho costituito un collettivo chiamato Serpe in seno. Con Camilla Falsini e Susanna Campana producevamo le nostre opere auto finanziandoci e partecipando a diverse fiere sul territorio nazionale. Chiuso questo percorso ho iniziato a consolidare il mio stile cominciando a dipingere su superfici murarie. Per le illustrazioni uso molto l’acquerello, adoro il segno, questa componente è anche legata al puro istinto dove risiede anche una certa volontà d’improvvisazione».
Qual è la differenza di approccio tra un muro e un foglio, il processo creativo è il medesimo?
«Quando mi approccio a un muro senza che vi sia dietro una commissione mi comporto come fossi dinnanzi a un foglio: guardo la parete, la studio, osservo ogni piccola imperfezione e inizio a lavorare. Nei progetti istituzionali, invece, ho necessità di un bozzetto preparatorio e credo che forse in questo tipo di approccio ci sia minor creatività perché terminata la fase progettuale finisce anche il momento d’ispirazione che sento durante il tempo del disegno. Quando completi un’opera lo fai più per gli altri che per te stesso, per me la creatività è rappresentata anche solo da uno schizzo. Oggi ho ancora bisogno di finalizzare, di comunicare a vari strati».
In questa occasione sei protagonista di un lavoro a quattro mani, ci sono evidenti momenti di corrispondenza con Nicola, come è stato lavorare insieme?
«Con Nicola avevamo già intenzione di progettare un lavoro condiviso, l’occasione si è presentata con la -1 art gallery grazie a Giorgio de Finis ma in precedenza avevamo pensato a come relazionarci professionalmente. La cosa interessante è che siamo molto simili nell’approccio tecnico, possediamo un’impronta istintiva ben visibile e questo è un punto di forza visto che la progettualità in questo spazio è di difficile realizzazione. Ci sono stati dei momenti d’integrazione e altrettante fasi d’interruzione, le nostre opere narrano la storia del lavoro che presentiamo al pubblico, rappresentano esattamente quello che è successo».
Intervento dopo intervento la -1 art gallery si arricchisce di una sorta di stratigrafia concatenata delle opere realizzate in questo luogo, come ti relazioni rispetto alla transitorietà del vostro intervento?
«Quando lavori per strada l’effimero è un elemento imprescindibile con cui confrontarsi ed è forse la componente più affascinante di un’opera realizzata nello spazio pubblico. È interessante vedere questa sorta di stratigrafia, ha un senso archeologico di una memoria che verrà tramandata e che parlerà di questo luogo.
Nicola, come è stato segnato il tuo percorso professionale maturato in seno all’espressione artistica?
«Ho iniziato a dipingere sin da bambino e questo percorso ha delineato la mia vita . Per molto tempo ho interrotto la mia attività professionale artistica, sono 5 anni che ho ripreso questo percorso. Mi è sempre piaciuto confrontarmi con le grandi superficie, a Liegi, in accademia, ho studiato pittura monumentale, specializzandomi negli interventi sull’ambiente pubblico. Ho la facoltà di innamorami delle varie forme artistiche e ho sempre spaziato in differenti tecniche».
Da dove proviene il tuo universo immaginifico che possiede tutte le peculiarità di un bestiario medievale?
«Il mostro è una delle prime cose che i bambini raffigurano, sono stato sempre attratto da questa componente. Mi piace l’aspetto quasi favolistico del mio lavoro, amo sottolineare come gli animali riescano, a differenza degli uomini, a esprimere in modo semplice e diretto le proprie sensazioni. Questo aspetto è uno degli elementi principali su cui poggia il mio universo creativo».
In questo intervento a quattro mani, realizzato insieme a Gio Pistone, quali sono stati i momenti più interessanti di interazione?
«La cosa bella è che non c’è stata molta progettualità, personalmente preparo dei collage fotografici per dare avvio ai miei lavori ma molto spesso non sono indispensabili. C’è stata l’esigenza di trovare dei punti di accordi, di ironizzare anche l’uno sul lavoro dell’altro. È stato interessante avere il coraggio di lasciarci interpretare reciprocamente».
Fino all’8 marzo 2014, -1 art gallery, piazza Fanti 67, Roma; info: www.casadellarchitettura.it