Pubblico-privato pro cultura

Mai come ora la crisi sociale ed economica che paralizza il nostro paese impone la necessità di prendere seri e concreti provvedimenti per risvegliare l’Italia dal suo torpore culturale chiamando a raccolta tutte le forze competenti. Questo l’obiettivo dell’associazione Civita che ieri mattina ha promosso il convegno Pubblico-privato: patto per la cultura alla presenza di Gianni Letta, presidente dell’associazione Civita e di Marco Caligiuri, presidente della Commissione cultura della conferenza delle regioni. L’incontro moderato dal giornalista Enzo Romeo prosegue il lavoro intrapreso da un tavolo di confronto tra la Commissione cultura della conferenza delle regioni e province autonome e alcuni rappresentanti delle imprese associate a Civita aderenti al comitato Comunicare con la cultura: nuovo media per le imprese che ha prodotto il documento Linee guida per la valorizzazione della cultura in Italia attraverso la collaborazione pubblico-privato, approvato il 22 novembre 2012.

Il convegno Pubblico-privato: patto per la cultura, diviene un intenso momento di confronto sulle proposte operative per favorire la collaborazione pubblico-privato in termini di cooperazione a beneficio di entrambi. Per Caligiuri è necessario «promuovere e valorizzare ciò che abbiamo. Istituzioni, pubblico e privato devono ragionare in maniera unitaria. C’è bisogno di una politica chiara, di una corretta programmazione dei fondi europei, senza il sud l’Italia non parte». A lungo in Italia si è portata avanti «l’idea che la tutela dei beni culturali fosse un onere del settore pubblico limitando l’intervento economico dei privati alle donazioni di beni storico-artistici, alle sovvenzioni per i restauri e alle sponsorizzazioni delle imprese» afferma Letta. Se si considera che in un paese come il nostro, le donazioni alla cultura da parte dei privati riguardano solo lo 0,02% della quasi totalità dei contribuenti il dato è considerevolmente triste. Una situazione che deriva da una «legislazione fiscale con agevolazioni a pioggia spesso sovrapposte e in contraddizione tra loro e dalla mancanza di una politica di sensibilizzazione a favore del mecenatismo culturale» spiega Fabio Marchetti, docente di diritto tributario alla Luiss Guido Carli e tra i collaboratori del Tavolo della fiscalità dell’associazione Civita. Le imprese non usufruiscono delle agevolazioni a causa di normative troppo complesse e utilizzano contratti di sponsorizzazione, soggetti a un’iva del 22%, ma che almeno consentono ritorno d’immagine, gestione e scelta dell’iniziativa da finanziare. «Oggi – continua Marchetti – il legislatore deve provvedere al coordinamento delle norme agevolative fiscali e disciplinare dal punto di vista fiscale le sponsorizzazioni culturali». Anche Maurizio Braccialarghe, delegato cultura e beni culturali Anci, interviene sull’importanza della convergenza tra imprese e privati ormai «più che necessaria nel settore culturale, e se per l’Eurobarometro occupiamo la XXIII posizione in classifica per quanto riguarda la fruizione culturale, la città di Torino testimonia un dato in controtendenza registrando una crescita in tutti i settori della vita culturale grazie ad un suo consumo organizzato». La cooperazione pubblico-privato risulta dai diversi interventi una realtà più che proficua, «una relazione positiva codificata nel resto del mondo, mentre in Italia sembra resistere l’associazione privato/male eterno e pubblico/bene assoluto. Il privato rappresenta una risorsa finanziaria e offre al pubblico un’offerta gestionale. A sua volta per l’azienda inserire la cultura nella logica strategica significa maggiore visibilità e ritorno in termini commerciali» spiega Gianluca Comin, direttore relazioni esterne Enel e coordinatore comitato Comunicare con la cultura, associazione Civita. «Non è detto che l’Italia ce la faccia» esordisce senza tentennamenti il sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca, «mancano le risorse per mantenere i servizi di civiltà. L’Italia è un paese ingessato da una palude burocratica, giudiziaria e dalla sottocultura del comitatismo e del finto ambientalismo. Stiamo morendo ma abbiamo il dovere di credere nelle nostre possibilità». A stemperare l’atmosfera l’intervento di Rosanna Purchia, sovrintendente fondazione teatro di San Carlo, che parla di lucida follia: «in soli tre anni siamo usciti dal regime commissariale triplicando gli incassi del botteghino, diminuendo i finanziamenti dello Stato dal 50 al 37% e affermandoci tra i teatri più tecnologici del mondo». Testimonianza di realtà esistenti in una situazione di generalizzato stallo e assuefazione, come il «Macro, esempio di nascita di polo museale a dimensione internazionale con un programma pluriennale aperto al colloquio con le imprese» sottolinea Comin o la «biennale di Venezia che – precisa Bartolomeo Pietromarchi – si contraddistingue per l’affidabilità, la professionalità e la stabilità di un’istituzione che non valorizza ma produce cultura». Mentre Pier Luigi Sacco, professore ordinario di economia della cultura università Iulm di Milano ribatte sull’esistenza di un’ingente patrimonio culturale, dell’esistenza di competenze valide affiancate dalla mancanza di risorse economiche: «un problema che potrebbe essere risolto tramite un’azione strategica di cooperazione culturale ad esempio con la Cina, un paese pronto a investire ma privo di competenze sul tema patrimonio culturale. Le opportunità ci sono, le professionalità anche. Se non si esce dalla crisi la colpa è solo nostra».

Questi alcuni degli interventi che hanno caratterizzato il lungo e interessante convegno dal quale è emerso con forza l’ormai non più segreta complessità di un paese come il nostro, dove il dialogo tra le parti, la conoscenza e la cooperazione si dimostrano ancora una volta i passi fondamentali per iniziare a uscire da una situazione forse ancora recuperabile.

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