Il dizionario emozionale

Tegumenta è un volume concepito dalla mente di Evertrip come un dizionario emozionale “il cui scopo è liberare tramite la folgore della poesia, il contenuto celato nel corpo umano”. Evertrip, al secolo Paolo Ferrante classe 1984, inizia il suo percorso artistico come pittore e poeta tra mostre e antologie letterarie, esperienze che lo portano nel 2008 a pubblicare la sua prima silloge illustrata, Le commedie del buio. L’interesse per l’editoria lo conduce a concepire lavori inerenti alla grafica e all’editoria sperimentale. Collabora con vari spazi espositivi, tra cui Ars&Art Gallery, Piscinacomunale, B-art contemporary e Magazzini criminali e si muove nell’ambito della sperimentazione, in un percorso in cui le parole sono solo una componente dell’opera finale, tanto che l’oggetto-libro che ne deriva è quasi sempre più di una semplice raccolta di testi poetici.

Tegumenta è una sorta di catalogo di suggestioni e pulsioni rivelate attraverso parole e immagini uniche e originali. È il primo volume della collana Traffici d’artista in cui, in modo un po’ ibrido e sregolato, Edizioni Esperidi, casa editrice in forte ascesa nel meridione, offre uno spazio ad artisti e scrittori che si avvicinano al multiforme mondo del libro d’artista. La collana ha una tiratura limitata, con copie firmate e numerate e soprattutto personalizzate dall’autore, che saranno presentate attraverso un ciclo di incontri itineranti su tutto il territorio pugliese, moderati dai fondatori di Esperidi, Claudio Martino e Roberta Marra, alla presenza di ospiti illustri. “Nella poesia la sperimentazione, l’avanguardia e la ricerca – scrive Luciano Pagano – sono un viaggio che viene intrapreso senza sapere in anticipo se la pagina sarà un deserto o un bazar”.

La lettura di Tegumenta ci fa attraversare uno di quegli almanacchi di cose straordinarie, così simile nell’impianto ai resoconti immaginari di viaggi in territori altrettanto fantastici, a prescindere che questi siano scritti da Borges (o da uno dei suoi tanti alter ego), da Marco Polo o da qualche altro viaggiatore vissuto nell’anno mille. La sensazione è che l’autore sia partito appunto da uno studio sul corpo, inteso in senso rinascimentale, e abbia ricostruito nello spazio di questo volume un’opera che vuole somigliare a una sorta di codice contemporaneo. In quest’ultimo, le diverse voci del dizionario, come la vegetazione, l’amore, l’epidermide, le case lontane, il dominio della morte, entrano in gioco stimolate dalla creatività, come oggetti che il lettore, fino al momento della lettura, non conosceva o non comprendeva. Per quanto riguarda le immagini, ciò che non è collage, selezione, ma è dipinto, ricorda posizioni alterne del San Bartolomeo custodito nel Duomo di Milano e anche qui, l’uomo scarnificato, con i muscoli e i fasci di nervi visibili non fa che ricordarci che appena sotto la pelle c’è qualcosa che pulsa.

“Tutto sommato, ce ne andammo in miseria; ciascuno con i suoi orrori: bronchi, scapole, uteri, e il sospetto di non aver mai vissuto davvero”.