Giangaetano Patanè in mostra

In questi primi giorni di settembre il Chiostro del Bramante accoglie Self-made man, una personale di Giangaetano Patanè dalle intense sfaccettature psicologiche. Quadri di grandi dimensioni addentrano la mente in un consesso dalle polivalenti indicazioni mentali. Self-made man, un titolo che si riferisce all’esperienza di uomo e pittore che si è costruito da solo nell’istituzione del sentimento concedendo una possibilità all’inclinazione all’introspezione. L’universo pittorico di Patanè è lo sprigionamento dell’essenza della sostanza dell’essere. L’artista si inserisce nelle sfumature delle emozioni e delle sensazioni sprofondando nell’intuizione del sensibile. Il suo è un percorso accidentato, fatto di riflessioni a volte gioiose, a volte dolorose, a volte immediate, a volte lente, ma sempre successivamente meditate. Le sue opere si adagiano sulla parete come concessione alla spiritualità. L’accessibilità alla comprensione si trova spesso nel titolo, che suggerisce ciò che l’immagine può nascondere: la cripticità, voluta, è veicolo di libertà, una libertà conquistata nel tempo e trasmessa come monito alla banalità. Patanè crea una corrispondenza fra lo stratificarsi delle esperienze come essere umano e la stratificazione del colore, ad olio, da cui emergono una storia cromatica ed una storia immaginifica nella coincidenza fra i due mondi dell’esistenza di Patanè.

La solitudine è un sentimento ricorrente nelle tele dell’artista: appena entrati ci si imbatte in Freschezza 1, un uomo nuota nel mare, solitario, verso l’ignoto. In Quest’uomo non esiste un ragazzo è crocefisso nell’indefinito del colore. L’azzurro di Ti cerco per mari e per cieli ci riporta ad una dimensione metafisica dove la realtà è rappresentata da una piccolissima nave che galleggia sullo sfondo, mentre una forma che potrebbe assomigliare ad un osso – animale? Umano?- accoglie la prospettiva inesistente. In Love la figura femminile viene ripensata: è dipinta di blu, il colore della profondità, mentre l’ombra del suo braccio è rossa, di passione: ecco unite le due facce dell’amore. Il destino dell’umanità è difficile da preconizzare, ma la sottile ambivalenza dell’immagine ci può far riflettere sull’inconoscibile: allora in Ci saremo tutti le facce disegnate all’interno di piccoli rettangoli scuri posti alla fine di strisce di colore possono ricordare, con un’associazione di idee sottile e appesa ad un filo, i cocci aguzzi di Montale in Meriggiare pallido e assorto, come potrebbe accadere ne La foresta dell’incontenibile e ne Il giardino di Dio. E in Patanè si trova anche l’ironia: Corteccia celebrale raffigura una testa di uomo stilizzata e arancione all’interno della quale è inserito un piccolo albero, mentre un paesaggio di alberi dalle ombre solide e intense è intitolato Orribili alberelli. L’amore fra uomo e donna è rappresentato in Tra noi attraverso due corpi, uno maschile e uno femminile, che si trovano alle estremità del quadro e sono uniti da un paesaggio bucolico. L’artista si dedica anche alla scultura, ad esempio, nell’installazione Lo spazio abitato dove teste di uomo colorate diversamente abitano, appunto, lo spazio, ma immerse ognuna nel proprio mondo.

Patanè fa spesso riferimenti letterari. Uno dei poeti che ammira maggiormente è Eugenio Montale; si ispira poi a diversi autori, ad esempio, Rimbaud. Da un punto di vista pittorico le sue molte passioni si sono focalizzate anche su Francis Bacon e Joan Mirò che ha introiettato attraverso lunghi periodi di studio. L’artista ha studiato ad Edimburgo, Sydney, Colonia, New York, e successivamente, a metà degli anni ’90, si è stabilito presso il Pastificio Cerere di Roma. La mostra Self-made man è corredata dal catalogo con testo di Elena del Drago.

Fino 18 settembre, Chiostro del Bramante, via Arco della Pace 5, Roma; Info: www.chiostrodelbramante.it

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