Sui binari con Trota e Poison

«Tutto è iniziato un giorno che mi hanno chiesto di fare da palo alla stazione Tuscolana mentre altri facevano un treno. Ero lì, non è successo niente di allarmante e così, essendomi portato una bomboletta, ho scritto fuck the sistem/fuck the police in giro per la stazione. Da quel momento non ho più smesso di scrivere». Questa storia narra di treni, di binari metropolitani, di depositi abbandonati, di ragazzi che scoprono la forma espressiva più rivoluzionaria degli ultimi anni: i graffiti. Non si tratta di una storia con la esse maiuscola, concerne piuttosto il germinare di un movimento, la volontà di far vivere a Roma quel fenomeno nato e cresciuto negli Stati Uniti. Trota e Poison hanno aperto i loro preziosi archivi fotografici dove poter ricostruire i primi passi del graffitismo a Roma, due artisti ora consapevoli dell’importante apporto che hanno donato alle nuove generazioni di creativi urbani, due personalità diverse che hanno costruito attraverso i loro interventi un tessuto artistico urbano. Abbiamo incontrato in occasione dell’inaugurazione della mostra Binari, alla galleria Varsi, Marta Gargiulo, curatrice insieme a Giulia Trionfera dell’esposizione, che ha descritto la genesi di questo progetto.

Portare in una galleria, in un contesto istituzionale, una mostra che parla di graffiti e che mette in luce un mondo nascosto, celato dai codici di un movimento che ha nella sua radice una sottocultura suburbana è sicuramente un procedimento particolare, da cosa è nata l’idea di voler contestualizzare in uno spazio canonico questo fenomeno espressivo? «Dal mio punto di vista è stata una sfida, Varsi a maggio ha portato nei suoi ambienti un grande protagonista del mondo dei graffiti: Skeme. Grazie a questa prima importante mostra siamo riusciti a dare visibilità, nella cornice del centro storico di Roma, alla cultura underground. Abbiamo aperto uno scrigno dove erano custoditi i lavori, i volti e le azioni di persone che hanno lottato per quindici anni nell’anonimato. Oggi, presa consapevolezza del fatto che queste forme d’arte sono entrate in un contesto sociale di riqualificazione urbana, abbiamo ritenuto importante spiegare qual è stato il percorso, quali sono stati i passaggi che hanno condotto alla nascita del fenomeno della street art. È un percorso culturale, la volontà di chiarire che il writing non è una pratica concepita per voler imbrattare la città ma è un processo che ha in seno un’importante matrice artistica ed espressiva».

Trota e Poison rappresentano una tassello fondamentale per ricostruire la storia dei graffiti nel contesto urbano capitolino, dando vita a un fenomeno che definirei trans generazionale, cosa hanno significato a Roma i loro interventi? «Trota e Poison hanno sdoganato la cultura underground. Da quindici anni sono attivi in strada, hanno iniziato a operare in città rischiando sulla loro pelle le conseguenze delle loro azioni, il loro percorso è stato fondamentale affinché venisse portata l’arte al di fuori delle mura di un museo, in quartieri e realtà estromessi da certi meccanismi istituzionali in cui non era possibile fruire di un’opera d’arte. È stato un processo che ha dato a tutti la possibilità di percepire un’espressione creativa, di rendere un intervento fruibile a chiunque».

Attingendo a questo archivio, fonte preziosa di documenti, quali sono state le sorprese che hai avuto? «Conosco Trota da quindici anni, siamo cresciuti insieme e grazie alla sua presenza ho imparato a leggere le tag, a capire quali fossero le yard e le jam, siamo nati nello stesso quartiere di Roma ed è lui che mi ha introdotto in questo ambiente dove ho avuto la possibilità di conoscere tanti writers provenienti da tutto il mondo. Poison, invece, rappresenta l’altra metà della mela, un percorso molto diverso da quello di Trota che ha fondato la crew The e ha visitato le yard di tutto il mondo. Il parallelismo lo si nota proprio dalla mappa della metropolitana di Roma, se i lavori di Trota sono confluiti nella linea della metro A, quelli di Poison hanno sdoganato la linea B. Due binari paralleli che hanno scritto l’evoluzione e la storia di questo movimento in Italia».

Fino al 7 settembre, galleria Varsi, via San Salvatore in Campo 51, Roma; info: www.galleriavarsi.it

 

Articoli correlati