Perché ha vinto l’Angola

È stata una vittoria inattesa forse, ma del tutto meritata, quella della repubblica d’Angola che ha ricevuto il Leone d’oro per la migliore Partecipazione nazionale. Tra gli addetti del settore circolavano voci differenti: si scommetteva sulla possibile vittoria dell’Olanda, della Norvegia e anche, del Vaticano. Esordiente alla Biennale d’arte di quest’anno, l’Angola si è presentata al pubblico attraverso il lavoro fotografico di Edson Chagas, (Luanda 1977). Il giovane artista, che ha partecipato alla triennale del Luanda e a esposizioni in tutto il mondo, dopo l’incursione nel campo del fotogiornalismo, ha via via elaborato una personale poetica artistica che coniuga senso della documentazione a concetto astratto, focalizzandosi su argomenti quali il capitalismo, il consumismo, la tradizione.

Curata da Paula Nascimento e Stefano Rabolli Pansera per Beyond entropy Luanda, encyclopedic city, che prosegue la ricerca avviata dell’Angola alla tredicesima mostra internazionale di Architettura, già dal titolo manifesta l’intenzione di uniformarsi ai temi indicati dal direttore della Biennale Massimiliano Gioni. «Al Palazzo enciclopedico è stato dato un compito impossibile: nessun edificio può contenere la molteplicità universale di spazi, possibilità, oggetti. Quando un edificio tende ad essere enciclopedico, diviene una città», affermano i curatori. Così, attraverso l’obbiettivo di Chagas, sono esplorate le mille sfaccettature di Luanda, capitale dell’Angola, centro urbano in cui coabitano in un contesto di perpetua conflittualità, situazioni e ambienti assai diversi fra loro.

Il corpus di fotografie scelto per il padiglione fa parte del progetto Found not taken. Si tratta di una catalogazione sistematica d’oggetti abbandonati – bottiglie, scatole, scarpe, giochi, elementi d’arredo – che ricollocati in spazi urbani senza legami definiti, producono relazioni inedite con questi, con la loro valenza estetico-formale e con la città stessa. Mostrando, di fatto, la possibilità di intervenire artisticamente nel cambiamento strutturale di una società. Ospitata negli ambienti di palazzo Cini, dove si confronta efficacemente con le collezioni d’arte antica della galleria, l’installazione si compone di 23 poster fotografici. Il percorso, privilegiando il rapporto diretto con il visitatore, è pensato per innescare riflessioni sul concetto del Palazzo enciclopedico, offrendo l’opportunità di crearsi una personale enciclopedia urbana. Spiegano ancora i curatori: «Non c’è qui il desiderio di ricreare il fac-simile della città, ma piuttosto di esplorare l’interazione personale con una città, e di come ciò può essere usato per modellare un nuovo spazio alternativo».

Foto Sebastiano Luciano