Per chi torna a Venezia ogni due anni in occasione della Biennale, c’è una novità tra i musei in città. Completamente rinnovato dal 2011, il Museo di storia naturale ha un nuovo percorso espositivo all’avanguardia, che affascina e stimola. Interattivo o semplicemente efficace nell’allestimento, esalta la collezione a più livelli, in modo che sia accessibile a studiosi e bambini. In quest’ambientazione seducente bene si inserisce la mostra Bestiario contemporaneo, fra arte e scienza, artisti italiani della collezione Acacia – nell’ambito del programma Muve contemporaneo, messo a punto dalla fondazione Musei civici di Venezia in coincidenza con la Biennale. Mario Airò, Rosa Barba, Vanessa Beecroft, Gianni Caravaggio, Maurizio Cattelan, Roberto Cuoghi, Lara Favaretto, Francesco Gennari, Sabrina Mezzaqui, Marzia Migliora, Adrian Paci, Paola Pivi, Luca Trevisani, Marcella Vanzo e Nico Vascellari. Questi gli artisti invitati. “C’è l’emozione della scoperta inaspettata – scrive in catalogo Gemma De Angelis Testa, Presidente di Acacia – ma anche la capacità di scorgere la sintonia di alcune opere con i reperti scientifici del museo, ma anche le loro diversità, che non sempre sono facilmente individuabili”.
A volte però sono le opere stesse a non essere facilmente individuabili, perfettamente integrate come sono alla collezione permanente, per cui la mappa in dotazione è indispensabile per non perdersi nulla – visto che facilmente si finisce catturati dalle meraviglie qui esposte, che vanno dalla preistoria all’antropologia. Giorgio Verzotti – co-curatore della mostra – individua alcuni tratti che confluiscono nelle diverse ricerche poetiche degli artisti selezionati: «è per esempio comune la curiosità verso i processi formali della natura, che vengono presi in considerazione come modelli per i processi creativi dei linguaggi artistici, in una vera e propria tensione all’apprendimento dalla natura che non passa però attraverso la mera imitazione. L’arte ri-crea la natura». Paola Pivi in One cup of cappuccino then I go ritrae un vero leopardo che fa la sua personale performance (tra finte tazze di cappuccino), seguendo una costante del suo lavoro che si incentra sul documentare in maniera analitica situazioni irreali. La freddezza surreale è però poetica e perturbante. Nella stessa sala si staglia al centro la colonna di animali imbalsamati di Maurizio Cattelan, che restituisce un frame della divertente favola dei fratelli Grimm, I rusticani di Brema, che è anche il secondo titolo dell’opera, Love saves life. Un asino, un cane, un gatto e un gallo, arrampicatisi l’uno sulla schiena dell’altro, emettono il proprio verso che all’unisono va a formare una sorta di ruggito, che servirà loro per ottenere una casa, e vivere felicemente insieme.
E qui è eterna la loro azione corale, estremo atto di unione e di amicizia. La sala in questione mantiene l’allestimento ottocentesco della villa privata dell’esploratore Giuseppe De Reali, la cui collezione è stata donata poi dagli eredi, ed è visibile dunque alle pareti. Difatti alcune sale del Museo mostrano l’evoluzione del collezionismo naturalistico, con antiche teche e archivi infiniti, riproduzioni di wunderkammer e pagine di mirabilia. Non passa inosservato l’Ouranosaurus nigeriensis, enorme scheletro quasi intatto di un dinosauro di oltre 100 milioni di anni fa, scoperto alla fine degli anni Sessanta dal paleontologo Giancarlo Ligabue al centro del Sahara, esattamente nel deserto del Ténéré (che in lingua Tuareg significa, appunto, deserto): è solo uno, e ben conservato, dei tanti dinosauri trovati qui – quest’area, infatti, è nota come uno dei più grandi cimiteri di fossili esistenti. Cercando curiosità sull’argomento, mi imbatto in una storia interessante, in cui protagonista è un’antica acacia. La regione di provenienza dell’immenso fossile è stata a lungo famosa per l’albero del Ténéré, un’acacia considerata quasi sacra per essere l’albero più isolato al mondo, a circa 400 km di distanza da qualsiasi altra forma vegetale. (Si dice sia stata investita da un autista ubriaco, nel 1973).