Ancora Biennale

La vernice continua e senza sosta. Mohammed Kazem è l’artista che rappresenta gli Emirati Arabi Uniti alla 55esima esposizione internazionale d’arte. Intitolata Walking on water, la mostra presenta un’installazione sit-specific realizzata per l’occasione e concepita per occupare lo spazio del nuovo padiglione all’Arsenale. Un opera immersiva che fa parte del progetto più significativo dell’artista: Direcitons 2005/20013, un video girato in mare aperto viene proiettato su uno schermo a 360 gradi così da percepire in modo assoluto l’esperienza dell’isolamento in mare. Simbolicamente, Kazem, decide di abolire le frontiere geografiche e le barriere immateriali destabilizzando il pubblico in modo tale da mette in dubbio la percezione dell’universalità e di apertura. «Benché siamo nell’eta della globalizzazione e del progresso – spiega la curatrice Reem Fadda – le frontiere geografiche sono ancora una realtà ben presente; e il mondo rimane ostacolato da tante barriere e restrizioni. L’idea di apertura rimane una delle più utopiche e fantasmatiche della nostra epoca. Questi atti simbolici hanno una dimensione molto liberatrice, sono il suo modo di affermare la sua esistenza e la sua umanità». Va sottolineato che la biennale ha assegnato agli Emirati Arabi Uniti un padiglione permanente nelle sale d’Armi; con questo accordo concluso in collaborazione con il Ministero degli affari esteri, la nazione ospite, diventa la prima del Golfo a partecipare all’esposizione d’arte e alla mostra internazionale di architettura. Non solo, quest’anno il Venice intership program si spinge ancora più lontano associandosi alla prestigiosa università Cà Foscari, permettendo l’integrazione di sei stagisti italiani nel gruppo degli Emirati Arabi Uniti, un legame sviluppato con lo scopo di incoraggiare uno scambio culturale e iniziare un dialogo multietnico.

L’associazione De arte, invece, porta a Venezia, Noise, una mostra a cura di Alessandro Carrer e Bruno Barsanti, che si propone come riflessione sul rumore quale le elemento portante di ogni processo artistico e comunicativo. L’estetica del suono che si delinea come esperienze dell’eccesso, dove la ricerca supera l’impatto acustico per toccare in profondità le affettività più nascoste, pronte a emergere in superficie scosse dall’esterno. Dopo il successo dello scorso anno con l’esibizione Drago+cavallo soul world tour, in questa edizione l’arista cinese Simon Ma è presentato dal China international cooperation center e dal Museum of contemporary art di Shanghai con il progetto Ink – Brush – Heart. Ogni emozione della sua esposizione trova ispirazione nella foresta pluviale del Xishuangbanna, una prefettura autonoma della provincia del Yunnam nel profondo sud-ovest della Cina.

Nella sua continua ricerca dell’equilibrio tra uomo, natura e spazio, l’artista ha radicalmente trasformato i due cortili interni di palazzo Pisani per ospitare sei sculture di acciaio inossidabile: Gocce d’acqua danzanti. Le opere vanno dal metro e ottanta ai sei metri, di forte impatto visivo, ogni coccia contiene al suo intento il suono dello scorrere dell’acqua per ricordarci la purezza sempre viva di questa elemento. Al primo piano è esposta una personale dedicata all’artista Julian Lennon, una collaborazione che rafforza ulteriormente un legame già consolidato. Anche in questo caso con il coordinamento a Venezia di arte communication, è presente anche il principato di Andorra, il più grande dei piccoli stati del mondo, che si interroga sulla post-modernità con Tempus fugit. Due concetti quelli della temporalità e della memoria che possono ritrovarsi e incrociarsi in momenti creativi. Il pensiero, ma tendenzialmente la cultura occidentale, li ha sempre considerati riflessioni basilari di forte contenuto concettuale e presenti nella totalità delle manifestazioni umanistiche. I tre artisti ospiti hanno tradotto filosofia in arte: Javier Balmaseda con Fissato per la contemporaneità, Samantha Bosque tramite Tutte quelle vite dimenticate e Fiona Morrison in Due passeggiate.

Le giornate della vernice offrono anche performance inaspettate, fuori programma, come quella dalla giovane artista spagnola Camila Cañeque. Legata al suo progetto Where are our dresses, utilizza il proprio corpo come tramite comunicativo, un focus immediato e diretto per stupire il pubblico e costringerlo a porsi domande socio-culturali attraverso interventi pubblici supportati da installazioni, video, fotografie o flash musicali. Durante la biennale si è sdraiata a terra, fuori dall’Arsenale, con i tipici abiti della tradizione iberica. È rimasta immobile, indifferente a tutto ciò che accade. Le domande da porsi sono tante: che voglia condannare un consumismo senza regola trasformandosi in una bambola usata o gettata da un bimbo capriccioso? O che voglia richiamare l’attenzione alla scomparsa del passato e le sue tradizioni? O ancora un grido contro la violenza sulle donne? Certo l’arte contemporanea deve sempre risvegliare le menti dal sonno dell’ignoranza con qualsiasi mezzo. Nessuna domanda è stupida, ma è stupido non porsi mai domande.

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