Un minuto di silenzio ha aperto questa mattina i lavori del Senato della Repubblica, quell’istituzione che ha avuto la fortuna di ospitare, per qualche anno, la grande attrice Franca Rame, morta oggi nella sua Milano all’età di 84 anni, stroncata da una crisi respiratoria. Una breve parentesi nella sua carriera, quella politica, durata appena dal 2006 al 2008, giusto il tempo di fiutare l’inizio del declino e farsi da parte. Non era quella la politica per cui si è sempre battuta, la politica dei diritti, soprattutto quelli delle donne. Non sembrava indossare con agio e disinvoltura l’austero e solenne laticlavio. Lei era un’attrice, una battagliera, una grande artista, le formalità da protocollo le tarpavano le ali. Ali abituate a librarsi in un’altra istituzione, simbolo della creatività, dell’immaginazione e dell’espressività: il teatro. La sua è stata una vita dedicata alla recitazione, oltre che alla cultura e all’impegno civile. Nata il 18 luglio 1928 in una famiglia con un’antichissima tradizione teatrale, la Rame conosce il palcoscenico prima ancora d’ogni altra esperienza: compare, infatti, nel ruolo di infante in una delle commedie allestite dalla compagnia familiare. La consapevolezza del mestiere è arrivata nei primi anni ’50 quando entra nella compagnia di Tino Scotti per lo spettacolo Ghe pensi mi. Intanto il bivio della vita è alle porte. Il calendario segna la data del 24 giugno 1954: Franca Rame sposa Dario Fo, futuro premio Nobel per la letteratura, nella Basilica di Sant’Ambrogio a Milano, un’unione da cui nel 1955 nasce il figlio Jacopo.
Un rapporto non soltanto sentimentale, perché i due stringono un’alleanza che li porta singolarmente e in coppia a siglare numerose pagine della storia italiana. A partire dal profilo culturale, con la creazione nel 1958 della Compagnia Dario Fo – Franca Rame destinata a un rapido e significativo successo. Con il ’68, i due scoprono anche il volto dell’impegno politico e civile, abbracciando le nuove ideologie emergenti, che porta successivamente Franca Rame, alla fine degli anni ’70 a unirsi alle file del movimento femminista. L’attività teatrale, nel frattempo, vede il duo Rame – Fo in una serie di abbandoni e fondazioni di compagnie: lasciano il circuito dell’Eti nel 1968 per fondare il collettivo Nuova scena, dalla separazione dal quale è nato un nuovo soggetto, La Camune, attivo nei circoli Arci e nei teatri inediti, come fabbriche e scuole occupate, con spettacoli di satira politica. La Rame attrice approda alla fine degli anni ’70 all’interpretazione di propri testi La madre, Grasso è bello!, Tutta casa, letto e chiesa, cui anni dopo si aggiunge Lo stupro, testo ispirato alla drammatica esperienza personale vissuta nel 1973, quando Franca Rame venne rapita e violentata da cinque esponenti di estrema destra. Solo due anni prima, l’attrice si era pubblicamente esposta sottoscrivendo una lettera aperta, pubblicata dal settimanale L’Espresso, sulla morte del ferroviere anarchico Pinelli, in cui numerosi esponenti della cultura e della politica chiedevano la destituzione di alcuni funzionari. L’attrice ha dedicato gli ultimi anni alla propria autobiografia Una vita all’improvvisa, immancabilmente scritta con il marito, ma anche, e soprattutto, a calcare il palcoscenico: tra il 2011 e il 2012, infatti, i due hanno riportato in scena il celebre Mistero buffo, opera di Dario Fo, presentata per la prima volta nel 1969.
È un giorno di lutto per l’Italia intera, da nord a sud si piange per la morte di un personaggio che ha saputo entrare nel cuore di tutti quanti, grazie alla straordinaria forza d’animo, al talento e alla convinta ma garbata determinazione nel sostenere le proprie idee. «Il teatro milanese e italiano ha perso una grande protagonista» ha detto Giuliano Pisapia, il sindaco di quella Milano che l’aveva adottata e accolta come una delle protagoniste dell’intellighentia meneghina. Il ministro dei Beni culturali e Turismo Massimo Bray ha espresso profondo cordoglio per la sua scomparsa. Il suo tributo è un ringraziamento a una «Persona straordinaria, coraggiosa e instancabile – ha scritto – che ha contribuito in maniera indelebile alla diffusione della cultura in Italia e all’estero, all’emancipazione dell’universo femminile e alla difesa dei diritti dei cittadini».
Ma la ricordano soprattutto i suoi colleghi, figli della sua stessa passione, compagni di viaggio in un’Italia che negli ultimi cinquant’anni molto è cambiata e che oggi continua a cambiare inesorabilmente, sotto l’occhio critico e sempre vigile dei veri profeti della libertà, gli artisti e gli attori: «Scompare un altro pezzo da novanta: dopo Proclemer, Falck, Moriconi di giorno in giorno se ne vanno persone che hanno fatto la storia del teatro italiano e, nel caso della Rame, hanno avuto il coraggio di fare grandi battaglie politiche. Dopo di loro, cosa rimane in piedi?». Così l’attrice Giuliana Lojodice ha commentato la notizia. «La Rame era una delle colonne dei nostri templi, i teatri. Templi – ha continuato Lojodice – oggi manomessi da personalità scadenti e incompetenti. È stata una donna che ha saputo fare della sua vita una lotta continua per grandi ideali. Ti senti smarrito quando colleghi così vengono a mancare. La lotta culturale per quello che facciamo non esiste più. Le lotte politiche che ha fatto Franca non si devono dimenticare». Giuliana Lojodice ricorda anche il modo in cui il suo compagno, un altro must del teatro italiano, Aroldo Tieri, ricordava la figura di Franca Rame, che conosceva molto bene: «Aroldo mi raccontava che facevano insieme il Carosello: era il ricordo di una persona esplosiva, garbata e allo stesso tempo forte. Un’altra coppia, lei e Dario, come la mia con Aroldo, sempre coerente e unita». Ciao Franca.