In parallelo alla mostra Andy Warhol’s stardust visitabile al museo del Novecento fino all’8 settembre, lo spazio Oberdan ha in questi giorni ospitato una rassegna cinematografica dedicata all’artista statunitense, una selezione di pellicole che è frutto della rinnovata collaborazione tra fondazione Cineteca italiana e museo del Novecento. La ricerca artistica di Andy Warhol si incrocia presto con l’interesse per il cinema, già a partire dal 1963, quando l’artista dopo aver frequentato la cinémathèque di Jonas Mekas, decide di comperarsi una cinepresa Bolex 16mm. I suoi primi film, Sleep, Kiss, Eat ed Empire definiti minimali, mostrano azioni ripetute dilatate nel tempo e riprese con una camera fissa. Con il cinema Warhol da vita alle proprie creazioni, le sue icone immortali ora diventano quadri in movimento proiettati su di una parete bianca. Luogo fondamentale sia per la sperimentazione che per l’ispirazione nel mondo del cinema rimane la Factory, l’ampio locale ubicato al quarto piano di un ex fabbrica di cappelli sulla 47ª strada a Manhattan, questo luogo rappresenta il più noto studio laboratorio di Warhol, teatro di molti progetti artistici e di alcune pellicole girate tra il 1963 e il 1968.
Il programma della rassegna ha previsto la proiezione di cinque film, a partire da: Chelsea Girl opera dallo schermo diviso in due parti dove scorrono sei coppie di segmenti, tutti costituiti da un unico piano sequenza di circa mezz’ora; Ho sparato ad Andy Warhol ambientato a New York dove il celebre artista si sta preparando per una mostra d’arte a Stoccolma. Nell’ambiente della Factory accade qualche cosa di inaspettato quando Valeria Solanas, convinta femminista e autrice di Scum Manifesto per l’abolizione del maschio, decide di sparare all’artista minandone l’apparente immortalità.
Una parentesi aperta sulla musica è quella che si scorge in The Velvet Underground and Nico: A simphony of sound dove la band si esibisce in un concerto completamente architettato da Andy Warhol, che già ne aveva promosso la collaborazione realizzando l’immortale copertina del loro album di debutto. Racconta Lou Reed «Andy proiettava il suo film su di noi. Dovevamo indossare degli abiti neri per far si che il film si vedesse. Ma tanto noi ci vestivamo tutti di nero comunque». Il risultato finale è un’opera in puro stile Factory, contraddistinta da immagini sporche e lunghi piani sequenza. Proiettato di seguito Kiss una delle prime pellicole sperimentali nel quale scorrono sullo schermo 50 minuti di baci tra diverse coppie. La rassegna si è chiusa con la proiezione di Trash – I rifiuti di New York una storia di degrado che ruota intorno alle tematiche della droga e dell’abuso sessuale.
Spazio Oberdan; viale Vittorio Veneto 2, Milano; info: oberdan.cinetecamilano.it