L’immagine è il nulla

ll mestiere dell’illustratore è un lavoro complesso. Un libro senza figure rimane sempre un libro e un disegno fra le parole sarà sempre accessorio. Bello ma non fondamentale. «Non è importante l’immagine, ho letto molti libri non illustrati». Se a dirlo è Roberto Innocenti, vincitore del premio De Rienzo e illustratore riconosciuto dal premio Hans Christian Andersen (uno dei più alti riconoscimenti mondiali nel campo dell’illustrazione) bisogna pur crederci. E forse lil punto è proprio questo: lavorare e saper apprezzare un territorio marginale che non ha altra funzione se non quella di rendere il mondo più bello. Tutto qui. «Questo è un mestiere strano e solitario – confessa l’illustratore – che in questo paese non viene riconosciuto pienamente. Sono un caso fortunato, posso considerare la mia passione il mio lavoro. Conosco bravi artisti costretti a illustrare per hobby la sera quando tornano a casa. È un campo dove c’è molto sfruttamento». Innocenti ha trovato una via d’uscita affidandosi a un editore statunitense, la Creative company, «Oltreoceano – continua Innocenti – non è che siano proprio bravi con l’illustrazione, loro hanno in testa i “fumettazzi” ma la mia casa editrice è un’eccezione. È grazie a lei se sono conosciuto in tutto il mondo, più all’estero che in Italia a dirla tutta». Belgio, Francia e Germania sembrano le nazioni che investono di più su questa disciplina: «Per la Germania – dice l’artista – ho realizzato un volume illustrato di due racconti scritti da Andrea Camilleri. Solo in Italia abbiamo ancora l’idea che questo tipo di lavoro è adatto solo a un pubblico di giovanissimi, altrove il mercato va dai 6 ai 99 anni». E se pensate che passi un mondo fra l’illustrazione per bambini e quella per adulti vi sbagliate di grosso. «Ai ragazzi – continua l’illustratore – non bisogna mai semplificare perché sono curiosi e la curiosità è un fatto intellettuale. I più piccoli apprezzano i colori e poi crescendo osservano meglio l’immagine scoprendo particolari che possono suscitare il loro interesse. Non è mai giusto banalizzare un lavoro per renderlo più accessibile». È raro trovare una perfetta corrispondenza tra il dire e il fare senza che uno sia in contrasto con l’altro.

L’attività di Innocenti non è mai stata sotto le luci della ribalta. «Non mi sono mai chiesto cosa potesse pensare il pubblico di un mio disegno – precisa l’artista – anche perché non ho mai lavorato per una categoria così ampia. Di solito sono il primo critico di me stesso, solo così posso notare errori e imperfezioni che altri raramente noterebbero». Il lavoro di Innocenti è fatto di calma e pazienza, costruito sulla carta: «Tutto nasce da uno schizzo preparatorio. Ci vuole esperienza, bisogna studiare il soggetto e inventare un’inquadratura. Da lì, poi s’imposta la prospettiva e si cerca la tecnica più appropriata per il caso. Ne ho sperimentate molte, dall’olio alla china, dall’acquarello fino all’acrilico passando per il collage. La cosa importante è non cadere mai nell’astratto. Un’immagine deve sempre raccontare una storia. C’è solo un libro non figurativo e sono le avventure di un puntino blu e uno giallo, l’ha scritto Leo Lionni». Il risultato finale è un insieme che ha tanto della fotografia quanto del cinema. «L’immagine è un’inquadratura cinematografica – conclude Innocenti – l’occhio è come un obiettivo. Un inquadratura ferma che quindi è una fotografia. Ma la fotografia spesso documenta, mentre io non documento niente». A cosa serve un film fermo e una fotografia che non rappresenta la realtà? Lo dicevamo prima: a nulla, è solo bella.