RAUDO non è un esplosivo è un album

Capra, Sollo e Piter sono i Gazebo Penguins. I Gazebo Penguins hanno fatto da poco il loro secondo album RAUDO (scritto tutto grosso). LEGNA (idem) era il nome del primo. Dopo una settantina di live accumulati per il precedente tour, sono di nuovo in giro per la penisola e a ogni concerto sembra facciano il pienone. Dato che i loro lavori sono disponibili in download gratuito, dato che fanno un tipo di musica (emocore ma non rende giustizia) che a noi italiani sembra venire pituttosto bene (Fine before you came, Fast animal and slow kids, giusto per citarne alcuni), dato la loro popolarità (Senza di te, la canzone contenuta in LEGNA è stata inserita da Rockit nella compilation delle migliori composizioni del 2011), e dato che hanno venduto 800 cd e 300 vinili, più 20mila download dell’album precedente ci sembrava giusto fargli qualche domanda.

Dopo LEGNA, RAUDO, ma come vi vengono in mente dei titoli così per i vostri album?

Capra: «È facile: devi trovare un nome di cinque lettere e scriverlo tutto maiuscolo».

Sollo: «Di solito pensiamo a che nome daremmo a un eventuale nuovo animale domestico».

Capra: «Un amico ci ha detto che chiunque possieda un cinghiale domestico lo chiamerebbe Raudo al 90%».

Sappiamo che l’album è stato registrato interamente da Sollo, quanto ha influito nella creazione del lavoro registrare in casa?

Capra: «Se intendi che l’Igloo audio factory (che è lo studio di Sollo) sia un po’ la nostra seconda casa, allora ti dico che lavorare lì per fare un disco significa stare in un ambiente che conosci, in un paese che conosci (lo studio è a Correggio), con dei gatti che conosci, e una familiarità con tutto quel che ti sta attorno che ti rende più tranquillo e rilassato. Dire che sia stato registrato in casa, però svilisce l’effettivo valore dello IAF, che è uno studio di registrazione al 100%, e credo che la cosa sia abbastanza percepibile sia da come suona LEGNA che da come suona RAUDO. Nel senso: se dici che è stato fatto in casa nel senso di home recording sei rovinato, sappilo».

Sollo: «Qua si può vedere che non raccontiamo balle e qua si può approfondire».

RAUDO a differenza di LEGNA sembra usare delle formule più vicine al classico hardcore statunitense e in generale suona più omogeneo. Cosa è cambiato fra i due lavori?

Capra: «Le differenze più grosse che separano i due dischi credo siano due (in realtà non so quante e quali siano le differenze, ma stasera mi viene da dire due): RAUDO viene dopo un tour di due anni in cui abbiamo suonato i pezzi di LEGNA e degli split che ne sono seguiti per 70 date. Quindi da una parte c’è l’esigenza di scrollarsi di dosso per un po’ quelle canzoni. Dall’altra parte c’è stata una concentrazione diversa, il mettersi di bozzo duro a fare prove per tirare fuori un disco nuovo, cosa che per noi era un’esperienza decisamente nuova. Il mettersi lì e suonare per fare un disco, intendo. Per lo meno, in 30 e passa anni non ci era mai capitato. W la vita».

Sollo: «I suoni sono di tutt’altra pasta, noi suoniamo in modo diverso, credo più compatto e di conseguenza anche la pasta sonora è cambiata».

RAUDO, come del resto i lavori precedenti, sono in free download. Non vi sembra strano regalare tempo, fatica e creatività al primo che incappa nel vostro sito o il ritorno (economico e personale) vale l’azzardo?

Capra: «Regalare tempo, fatica e creatività sia al primo che incappa nel nostro sito, che a chi stava aspettando un nostro disco da un po’, crediamo sia il modo migliore per dare importanza sia a noi che facciamo musica sia a chi decide di ascoltarla. Non riteniamo che regalare musica (come poi regalare qualsiasi cosa) sia un’operazione svilente. Gli ultimi dischi che abbiamo fatto uscire sono stati accompagnati da qualche riga di spiegone. Dall’ultimo spiegone di RAUDO ti puoi leggere questa roba: “dopo un anno e mezzo di tour avevamo voglia di ritrovarci e fare delle canzoni e fine. Abbiamo raccolto una ventina di pezzi, ne abbiamo scelti 10, abbiamo riempito due nastri e via andare. Questa faccenda di voler ancora fare musica ce la spieghiamo in tre modi; uno: questione biologica: dopo un po’ hai bisogno di liberarti di tutte le canzoni che ti girano in testa. Un po’ come il dover fare spazio, ripulire un hard disk, riordinare; due: questione edonistica: quando suoni ti senti più bello. E sei anche molto convinto di star facendo qualcosa di bello, di aumentar le dimensioni del bello (quello che tu pensi sia bello). E, tendenzialmente, il bello ti piace. E quando manca cerchi di ritrovarlo; tre: questione eudemonistica: quando suoni sei felice. Ed è legittimo che la felicità di un altro possa non tangerti o persino disturbarti. Ciò non toglie che per noi ha quel valore lì, ergo puppare”. La questione che si voleva sottolineare è che la prima esigenza di fare delle canzoni nuove è prettamente nostra, una roba nostra che parte da un nostro sentire, un nostro bisogno e piacere. E una volta finito un disco ti ritrovi a pensare: Ottima roba, ora stiamo meglio: e adesso? E la risposta può essere: e adesso andare, getta il disco in pasto a tutti, sguinzaglialo, condividilo e lascia che venga condiviso, lascia che si crea – se sei fortunato – una piccola comunità attorno alla musica che hai fatto. Non è azzardo. È senso del presente. Del tuo presente prima di tutto, proprio quello per cui hai ha penato e sofferto e gioito per far finire qualche pezzo del tuo mondo in una canzone. A quel punto ingelosirtene o tutelarlo o rallentarne la condivisione sarebbe stupido, e sfigato. Detto ciò, il fatto che sia sempre lì, pronto al download come un cane fedele, è una roba che ti offre anche delle soddisfazioni come trovare tantissima gente alla data zero di RAUDO che già ti canta i pezzi in faccia col ditone steso per bene. Il ritorno vale l’azzardo, assolutamente».

Parliamo dei testi. Non sembra diverso il vostro modo di scrivere nei vari album ma forse in Raudo si nota più un piglio critico, mi sbaglio?

Capra: «Tutti e due i dischi sono stati registrati in inverno, ma quest’ultimo inverno è stato indubbiamente più freddo, e più lungo, e più scuro».

Sollo: «Siamo cresciuti, invecchiati e di conseguenza siamo un po’ meno tolleranti, ci si lamenta un po’ più spesso, si é abbastanza disillusi su tutto».

Capra: «La felicità estemporanea può creare felicità. La felicità in sé, quella antologizzata, rischia di diventare disgustosa. (È una frase a effetto, non è detto che sia sensata). La felicità per noi può essere il trovarci e fare canzoni, e poi trovarci e andarle a suonare. E ad andarle a suonare a un concerto quelle canzoni che parlano di cose che mancano si trasfigurano, passi dal deserto alla comunità, è anche una cura se vuoi, senza estremismi e non obbligatoriamente per noi».

È un abbaglio o molte delle canzoni le canta Capra, come mai?

Sollo: «Ah si? A me non risulta. Mi sembra siano come sempre equamente divise. Forse è Correggio che confonde le idee. Quella in effetti è quasi tutta cantata da Capra. Il punto è che la mia voce é più urlata e più acuta, abusarne, stancherebbe alla svelta».

Capra: «Forse è un abbaglio. Però se ti può confortare dal vivo abbiamo optato per una divisione delle parti quasi alla pari, anche scambiando pezzi che nel disco canta l’uno o l’altro. L’unico che non canta mai è Piter, ed è un peccatone».

Vedendo i vostri video, i vostri post su facebook e poi ascoltando i testi delle canzoni si nota quasi una spaccatura fra i due: dove i primi sono scanzonati i secondi raramente lasciano spazio al sorriso. Come mai questo contrasto così stridente?

Capra: «Perché “non fa tutto schifo quel che è triste”, come dice un pezzo dei Fbyc. Perché viene molto più naturale parlare di qualcosa che ti manca, visto che quando stai bene tendi a viverlo con altre persone, e condividere. Perché quando ti pesa qualcosa sulla testa o sulla pancia sei più tentato di andarci a fondo. Puoi fare un disco dove sorridi poco, e poi trasformare il concerto in un momento di totale subbuglio, ed ebbrezza, e botte e mancaroni. Sei la stessa persona anche in due giorni diversi. Puoi anche fingere, e non sempre è disonesto. Io per esempio dico sempre che peso 5kg in più di quanto pesi in realtà».

Sembra che a noi italiani riesca molto bene questo genere di musica che per comodità possiamo definire emocore, Fbyc, Fask giusto per citarne alcuni, e voi. Come mai, eppure non è certo musica da camera ecco.

Capra: …

Sollo: …

Capra: …

Sollo: …

Capra: «Boh!».

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