Zingaretti, il mio impegno per la cultura

Unico tra i candidati premier alla regione Lazio, Nicola Zingaretti ha puntato sulla cultura nell’agone elettorale, portando l’arte contemporanea nel dibattito politico e incontrando gli operatori del settore in diverse occasioni. L’abbiamo voluto intervistare sul filo di lana della campagna, ponendogli alcune domande, tra cui la più ovvia: perché? «Abbiamo dedicato gran parte di questi mesi prima delle elezioni all’ascolto, per raccogliere proposte e idee in tutti i settori. In questo percorso, abbiamo incontrato anche molti protagonisti del panorama artistico e creativo. Oggi sappiamo che il mondo della creatività e dell’arte può rappresentare, oltre che un fondamentale elemento identitario, anche un fattore di sviluppo irrinunciabile. Quello dell’arte e della creatività è un settore che genera economia, relazioni e che aiuta la nostra regione a uscire fuori dai propri confini geografici. Chi ha governato il Lazio fino a oggi si è praticamente disinteressato di questo mondo. Secondo me perdendo un’occasione straordinaria per dare un ruolo a una delle parti più vive del Lazio. Mi fa impressione vedere che i nostri giovani artisti, fotografi e creativi espongono, lavorano e si affermano nelle più importanti città del mondo, ma non trovano una casa qui nel Lazio. Io voglio coinvolgere il settore dell’arte e della creatività in un progetto ambizioso, basato su quattro linee d’azione fondamentali: qualità, trasparenza e programmazione condivisa dell’intervento pubblico; apertura e il recupero di spazi di incontro e di produzione; promozione di eventi, progetti, opportunità sul territorio; sostegno alla costruzione di reti territoriali e internazionali. Lavorando su questi quattro assi, abbiamo presentato un “decalogo” di impegni che vogliamo condividere con il mondo dell’arte e della creatività del Lazio. Mi sembra con un’ottima risposta da parte degli operatori».

Qualcuno diceva che con la cultura non si mangia. Cosa può fare la cultura per l’economia della regione? «Dire che con la cultura non si mangia è una frase senza senso. Se c’è una specificità del nostro paese che ha un futuro anche economico nel mercato globale è proprio quella legata alla bellezza, alla cultura, alla creatività. Si tratta di valori che esistono qui, che sono frutto della nostra storia e che non sono imitabili o replicabili in altri contesti socioeconomici. Mi permetto di notare, però, che serve un passo in avanti da parte di tutti. Naturalmente da parte delle amministrazioni. Ma anche degli stessi protagonisti del mondo dell’arte e della cultura. Dobbiamo ripensare le forme di finanziamento e di valorizzazione del settore. Per questo, penso che sia importante promuovere, come avviene nelle più avanzate esperienze internazionali, l’avvio di un programma di coinvolgimento dei principali attori economici privati attivi nella regione: camere di commercio, grandi società, istituti finanziari».

Riguardo alla bellezza, al recente convegno di Civita ha affermato che il vecchio modello di sviluppo industriale, seguito dall’Italia nel dopoguerra, è finito. È il momento di una «rivoluzione della bellezza: per uscire dal declino in cui stiamo precipitando bisogna scommettere sulla cultura, sul paesaggio, sull’archeologia, sul turismo e l’enogastronomia». In cosa consiste questa rivoluzione della bellezza? «La valorizzazione di tutto il Lazio è alla base del nuovo modello di sviluppo che vogliamo lanciare per riprendere a produrre ricchezza. La rivoluzione della bellezza nel Lazio può rappresentare una nuova grande chance di sviluppo. Arte, storia, archeologia, enogastronomia, cultura del territorio hanno un potenziale enorme. Ma è necessario che tutte le risorse vengano messe a sistema: dalle infrastrutture moderne, strategiche per attirare i grandi flussi internazionali, al settore alberghiero e della ristorazione fino alla gestione di tutto il patrimonio artistico e archeologico. La bellezza, le intelligenze e la creatività sono qualcosa di vivo, da alimentare e curare con passione, non da custodire e mettere sotto una teca».

Dopo Romacontemporary, Laziocontemporanea. Cosa è emerso dai due incontri, quali le ricette per la cultura chieste dagli operatori del settore. «Gli operatori ci chiedono prima di tutto interlocutori istituzionali attenti e affidabili. Per questo, un punto essenziale su cui c’è stata grande sintonia con gli operatori che abbiamo incontrato è la necessità di adottare subito criteri verificabili di trasparenza e obiettività nell’individuazione delle professionalità che hanno incarichi pubblici nel campo dell’arte. Definiremo quindi delle commissioni di valutazione, con la partecipazione di esperti, anche internazionali. E daremo piena trasparenza alle scelte effettuate, mettendo sul web i curricula e le valutazioni della commissione. L’altro grande punto d’incontro è stato sulla necessità di tenere aperto il confronto tra il settore e l’amministrazione regionale. Per questo, pensiamo di istituire un organo, una consulta di esperti, che si impegni in un’azione di supporto e consulenza nella definizione di politiche in materia di arte contemporanea e creatività».

In occasione del primo incontro ha detto, riguardo agli strumenti e ai confini dell’ente regione, che serve un piano regionale della cultura che faccia il punto sull’offerta del territorio, per investire al meglio le risorse disponibili. Che tipo di monitoraggio ha in mente? «Uno dei punti su cui vogliamo lavorare è la definizione di cinque macroaree culturali, che possano funzionare come poli d’aggregazione e valorizzazione delle migliori offerte del territorio. Bisogna cominciare a ragionare in un’ottica regionale, ma davvero. Ritengo che il mondo della creatività e dell’arte non possa essere confinato solo nella Capitale. Per questo, è molto importante coinvolgere nella programmazione la rete dei comuni del Lazio. Con loro, l’amministrazione regionale dovrà definire un piano annuale di azioni che favoriscano l’attività di artisti del territorio e degli operatori del settore. Anche provvedendo a immetterli nei data base nazionali e internazionali. Poi c’è il grande tema dei luoghi dell’arte. Un’esigenza che ci hanno comunicato tutti gli operatori è quella di trovare nuovi spazi per la cultura e per l’arte. Noi vogliamo dare una risposta a questa richiesta con un censimento degli edifici abbandonati o inutilizzati da destinare a studi per artisti, a progetti culturali no profit esistenti e nuovi, a programmi di residenze per artisti e curatori. Un piano che potrà essere realizzato attraverso una cooperazione di finanziamenti pubblici e privati».

E ancora, ha affermato: «Le risorse ci sono, dove dobbiamo intervenire è sulla trasparenza della cultura, fare chiarezza sul modo di elargire fondi, finora non legati a una strategia condivisa, anche su sanità e altri settori, perché quando non c’è consenso sugli obiettivi emerge l’arbitrio». Quindi? «Ho fatto della trasparenza e della partecipazione le fondamenta del mio programma. Anche in questo caso, credo sia indispensabile cambiare radicalmente il sistema di governo e di distribuzione delle risorse. Oggi l’arte e la cultura sono sostenuti dalla regione in maniera disordinata e spesso con criteri arbitrari. Occorre una nuova governance della cultura per coordinare la filiera istituzionale, maggiore efficienza amministrativa, trasparenza nelle procedure e nell’assegnazione delle risorse».

Quale sarà il suo impegno, se sarà eletto? Quali le azioni concrete nel settore? Ha già in mente chi potrà coprire il ruolo di assessore? «Sulla composizione della giunta sto raccogliendo le idee nel corso di questa campagna elettorale, tuttavia credo sia prematuro fare nomi e parlare della composizione della giunta, che dovrà tenere conto di diversi parametri: la parità di genere, la rappresentanza territoriale, l’equilibrio tra le forze politiche, senza chiudersi all’apporto di competenze esterne. In ogni caso il mio impegno, una volta eletto, è assicurare il giusto e costante sostegno alla cultura per tutte le ragioni che ho già spiegato».