Dasha Shishkin

Giò Marconi

Milano

La galleria Giò Marconi ospita Sammy, seconda personale dell’artista russa Dasha Shishkin. Shishkin nasce a Mosca nel 1977 e completa i suoi studi alla Columbian university; dal 1993 vive e lavora a New York. La sua carriera inizia con la grande rassegna The Compulsive Line: Etching 1900 to Now presentata al Moma nel 2006, nella quale i suoi lavori si affiancano a quelli di Marcel Dzama, Jake e Dinos Chapman, David Hockney, David Shrigley etc. Le complesse composizioni di Dasha Shishkin sono realizzate usando la sua caratteristica linea, abbinata all’uso di campiture luminose e motivi elaborati. Sebbene i colori, spesso in opposizione uno all’altro, sembrino dominare i suoi lavori, è la linea a definire e dare forma allo spazio. In un primo momento lo stile figurativo, quasi decorativo, delle sue opere impedisce allo spettatore di vedere come il soggetto dei suoi lavori sia in realtà fantastico, erotico, malinconico, macabro ma non violento. Le storie di Dasha non sono semplici da decodificare. È una grande narratrice che raffigura scene con un sovraccarico sensoriale in cui sono catturati erotismo e violenza, ma anche humor. Un altro strumento che Shishkin ama utilizzare per rendere ancora più criptici i messaggi delle sue opere è l’uso del linguaggio nei suoi titoli: “I titoli sono come la ciliegina sulla torta. La ciliegina non fa della torta una torta alla ciliegia, ma è sempre lì per attrarre o distrarre l’occhio”. Giochi di parole come, “Fucking Children”, frasi sarcastiche quali “Death is not the worst” o “A Boy’s Best Friend is His Mother” e dichiarazioni ironiche come “It takes Money to Feed Pretty Women” sono titoli tipicamente usati da Dasha Shishkin. In “Butter is the Passport to Pleasure” mostra il suo profondo lato umoristico.

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