La Russia sbarca a Londra

Fino al 5 maggio la Saatchi gallery a Londra ospita la mostra di arte contemporanea russa Gaiety is the most outstanding feature of the soviet union. L’esposizione ha aperto durante la settimana dell’arte sovietica, la prima da quando la Russia è entrata nell’organizzazione mondiale del commercio, fattore questo che favorisce la sua economia e il mercato dell’arte russo. Il titolo dell’evento è tratto da un discorso di Joseph Stalin del 1935. Diciotto artisti in mostra fra giovani e meno giovani, suddivisi per metodi artistici ma uniti da un unico filo conduttore. Tutte le opere, infatti, sono finestre sulla storia politica del ventesimo secolo, mostrano la vita sotto il marxismo e il suo effetto oggi. Per raggiungere questo scopo i creativi hanno usato l’idea dell’anonimato, come, per esempio, Janis Avotins nelle cui opere le figure sono davanti a sfondi oscuri che le fanno sembrare spettrali. Lo stile ricorda le foto dell’epoca staliniana e simboleggia la mancanza di individualismo e di identità di quel tempo.

Molte delle opere hanno un messaggio di satira politica, come i manichini nell’installazione Criminal government cells di Gosha Ostretsov dove l’anonimato viene ripreso dalle maschere che portano le statue e l’idea che possano cambiare volto senza che nessuno le veda è una metafora della politica russa. Infine, i soggetti delle foto di Boris Mikhaliov sono i senzatetto (o Bomji come vengono chiamati in Ucraina), ovvero capsule di anonimato che dopo l’era comunista hanno perso tutto: soldi, sicurezza e speranza.

Altro tema in mostra è la disperazione presente nella serie fotografica in bianco e nero di Vikenti Nilin. I protagonisti degli scatti sono affacciati da finestre altissime e guardano in basso come a scrutare un abisso, sembra stiano per saltare ma qualcosa pare fermarli. La tensione di questi scatti regala una sensazione di vacuità, mista a disperazione e paura, allo stesso tempo un velo di normalità e noia ricopre le foto provocando nel fruitore una sensazione di disagio e ansia. Lo stesso capita con la serie di Sergei Vasiliev, uno dei più conosciuti artisti russi che sotto il governo comunista lavorava come guardia carceraria. Le sue foto riprendono i prigionieri dell’Unione sovietica con i loro corpi nudi coperti di tatuaggi. In quel periodo disegnare sulla propia pelle era illegale e doveva essere fatto di nascosto. Questi simboli, quindi, rappresentavano un linguaggio segreto e una protesta silenziosa contro il regime. Uno stile più vicino al fumetto e alla pop art si ritrova in Dasha Shishkin, Sergey Pakhomov e Daniel Bragin. Quest’ultimo sperimenta materiali diversi, come il pvc e il vetro di un parabrezza rotto.

È una mostra potente e avvincente nello stile tipico di Saatchi: crudo, provocatorio e diretto. Alcuni critici credono che per questo non sia una rappresentazione vera dell’arte russa. Una cosa è certa: l’esposizone getta uno sguardo importante sulla scena dell’arte internazionale. Dimitri Ozerkov, direttore del dipartimento di arte contemporanea del museo dell’Hermitage di San Pietroburgo, parlando degli artisti in mostra ha detto: «La loro arte è probabilmente la più globale nel mondo ma nello stesso tempo profondamente legata alla sua origine».

fino al 5 maggio

Saatchi gallery, King’s road, London

info: www.saatchi-gallery.co.uk

 

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