L’arte riproducibile

“La stampa è il luogo dell’evidenza del segno nelle sue costituenti di pensieri e di nervi […], il momento più vivo del confronto, dell’incontro: tra autore e opera, materia e forma, fruitore e valenze espressive”. Queste le parole ricche di significato ed esplicative di un linguaggio artistico, aimè ancora emarginato, espresse nel 1989 da Federica Di Castro (1932-1998), curatrice e storica dell’arte contemporanea che lavorò vent’anni nell’Istituto nazionale per la grafica di Roma (dal 1977 al 1997). Quest’anno la studiosa avrebbe compiuto ottant’anni e l’istituto omaggia il suo significativo contributo attraverso la mostra Federica Di Castro. L’Idea espansa. L’opera d’arte riproducibile. In relazione alla mostra nasce il volume Federica Di Castro. L’Idea espansa. Un percorso critico nell’arte del Novecento, edito da Quodlibet edizioni, che raccoglie alcuni degli scritti della studiosa.

La mostra propone una selezione di opere grafiche del secondo Novecento acquisite dalla calcografia grazie alla mediazione della studiosa. Inaugurata il 21 dicembre 2012, nell’ambito del Re-birth Day ideato da Michelangelo Pistoletto, rimarrà aperta al pubblico, ad ingresso gratuito, fino al 17 febbraio. Allestita nelle eleganti sale di palazzo Poli, (Fontana di Trevi), la mostra offre un’ampia panoramica dell’arte italiana a partire dal secondo dopoguerra, con lavori di noti maestri, tra cui: Accardi, Capogrossi, Dorazio, Novelli, Perilli e Radice. Si tratta di stampe, matrici e disegni provenienti, per la maggior parte, dalla donazione dello stampatore e gallerista Renzo Romero. Nella sua stamperia, dove “si apprendeva come ogni punta fosse funzionale alla traccia di certi segni”, vennero prodotte le migliori opere dei maestri dell’astrattismo italiano: “un arte colta, sapiente spregiudicata impegnata”, come chiarisce Di Castro in uno dei suoi scritti.

La mostra è articolata in quattro sale. Nella prima si ha la rara e imperdibile occasione di scoprire la lucentezza delle lastre incise. Le matrici sono la dimora del segno, è in quel luogo, nello spazio della matrice, che si conserva il vero lavoro dell’artista. Nella sala successiva sono esposte stampe e disegni: Uomini timbro (1966), di Renato Mambor, e Aldo Moro (1979,) di Remo Remotti, sono lavori che non passano di certo inosservati. Tra i grandi formati colpiscono lo sguardo e scuotono l’anima le acqueforti di Chia e Vedova. L’installazione immersiva di computer art, realizzata per l’evento da Ida Gerosa: Echi della memoria, omaggio a Federica di Castro (2012), vuole commemorare la proiezione sulla fontana di Trevi, voluta per iniziativa della studiosa nel 1992. Si deve infatti a Federica di Castro, e alla sua ricerca sui linguaggi contemporanei della riproducibilità che andava oltre i limiti del foglio, l’apertura alle ricerche video. L’interesse per questo strumento espressivo è portato avanti dall’istituto, nella figura di Antonella Renzitti, curatrice del progetto, che ha collaborato, fin da giovanissima, con la studiosa.

Nell’ultima sala è proposta una selezione dalla collezione di filmati d’artista, recentemente digitalizzata, cominciata nel 1979 e che comprende, tra gli altri, film di Norman Mc Laren, Giosetta Fioroni e Mario Schifano. Essendo stata Federica di Carstro, una figura chiave per la promozione e la valorizzazione del linguaggio grafico a lei contemporaneo, la mostra valorizza e sottolinea il suo operato, riconoscendo il valore del suo lavoro ancora oggi. Abbiamo chiesto ad artisti, critici, parenti e amici di Francesca di Castro di parlarci di lei sia dal punto di vista umano che professionale per comprendere al meglio la sua eredità. Le testimonianze raccolte sono preziosissime per capire il temperamento di una donna che ha lasciato il segno all’interno di una riflessione per un’idea espansa dell’arte.

Giancarla Frare, (artista): «La sua voce ancora mi risuona dentro per la sua musicalità. Il suo era un carattere dolcissimo ma anche molto brusco. Lei era insieme straordinariamente moderna, coraggiosa e anticonformista – come rivelano anche i suoi scritti – e allo stesso tempo, possedeva una forte impostazione teorica nel pensiero e delle categorie. Una preziosa ambivalenza che le permetteva di mettere ordine nell’operatività dell’artista, o delle dinamiche che al momento stava analizzando, miscelando un equivalente curiosità esplorativa».

Antonella Renzitti, (storica dell’arte e curatrice dell’Istituto nazionale per la Grafica): «Ho lavorato diciotto anni insieme a Federica e ho impressa nella memoria tutto di lei e, soprattutto, il suo carattere frizzante e disponibile a far crescere le persone che aveva intorno. Per me è un onore essere tra quelle. La mostra qui allestita è solo una testimonianza di quello che lei ha seminato e di quello che l’istituto ha raccolto».

Matteo di Castro (figlio e gallerista): «Dal punto di vista formativo, lei ha inciso maggiormente su di me in ambito letterario e cinematografico. L’idea espansa, titolo del volume, è una concezione dell’arte nelle sue possibile declinazioni, che si riallaccia a un discorso legato al rapporto tra arte e follia. L’idea espansa doveva anche essere il titolo del progetto di un libro che mia madre non ha mai pubblicato. Sarebbe dovuto essere correlato da un bellissimo album iconografico e un testo dattiloscritto, sul rapporto società e arte negli anni ’70, materiale che abbiamo proposto sul sito».

Luca Patella (artista): «Federica di Castro era una grande amica nostra, mia e di mia moglie Rosa Foschi. Mi ricordo del suo ufficio dove stava con l’assistente Antonella Renzitti. Prima che lei arrivasse la calcografia era un luogo deserto. Dalla personalità non paludata, Federica di Castro, era un personaggio alla mano ma anche, allo stesso tempo, molto seria. Una donna sperimentatrice e coraggiosa dal punto di vista non solo professionale ma anche personale. Federica mi ha sempre incoraggiato. Approvava il mio lavoro».

fino al 17 febbraio

Istituto nazionale per la grafica palazzo Poli, via Poli 54, Roma

info: www.grafica.beniculturali.it

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