Esiste una dimensione sonora della pittura, una sfera temporale fatta di ritmi e accenti che avvolge la superficie dei dipinti? Sono questi i quesiti che sottostanno all’interessante mostra The sound of painting, che trova spazio nello storico appartamento padronale di palazzo Saluzzo di Paesana, a Torino, fino a venerdì 30 novembre. Questo approccio sinestetico alla sfera delle arti visive – pittura e scultura in primis – proposto dai curatori Margherita Artoni e Marco Marrone, si sviluppa attraverso i lavori di sei autorevoli protagonisti dello scenario artistico contemporaneo esplorano la componente dinamica del dipinto forgiando un linguaggio estremamente diacronico per interpretare l’arte a due dimensioni.
Ali Banisadr sublima la tragedia bellica della rivoluzione islamica e della contesa Iran-Iraq in atmosfere immaginarie gravide di memoria, nostalgia e caos. Il gesto dell’artista, per lo più ispirato alle antiche miniature persiane, si libera in alcune aree dall’accurata pratica figurativa celebrando con grandi pennellate danze astratte di colore. Inka Essenhigh scandaglia il territorio di confine che riunisce arte astratta, surreale, figurativa dando vita ad ambienti fiabeschi e personaggi dall’eleganza sinuosa. Nei suoi dipinti la cultura progressista dell’era industriale viene sublimata all’interno di un mondo pagano dove regnano il mito e la magia, quasi a voler suggerire la natura evasiva del sogno come unico ragionevole pharmakon post-moderno. Theaster Gates, artista e musicista, riscopre il potere evocativo dei materiali poveri generando un universo di installazioni, sculture e performance musicali che insieme concorrono al racconto non anacronistico di una storia politica profondamente segnata da violente oppressioni e continui tentativi di rivalsa. Il vocabolario espressivo di Rashid Johnson trova le proprie radici nel concetto di black experience, articolato nelle opere dell’artista grazie all’impiego costante di tropi e simbologie che ripercorrono la storia dei movimenti intellettuali afroamericani dalla Harlem renaissance al Back to africa movement.
La maggior parte delle sculture testimonia una forte ibridazione con il medium pittorico, riconoscibile sia nei molteplici interventi presenti sui pannelli in legno, che nei classici scaffali a parete densi di rimandi alla musica jazz e soul. Angel Otero indaga la sostanza costitutiva dell’opera pittorica delineando una narrativa sospesa tra la diacronia del ricordo e la natura sincronica dell’opera d’arte attraverso una chiave interpretativa echeggiante la cui sintesi ultima si estrinseca in un approccio del tutto personale. Nell’opera di Tim Rollins e Kos le riflessioni di importanti autori classici e moderni come Eschilo, Martin Luther King, Aristofane, Franz Kafka, Omero, William Shakespeare, Dante, Gustave Flaubert, assumono una valenza iconografica che abbraccia la letteratura, la musica e l’arte visiva al fine di plasmare una prassi estetica dall’impronta altamente collaborativa le cui premesse culturali sono da rilevare nella necessità di un profondo cambiamento sociale – altra tematica che sottende all’intero allestimento – una trasformazione che parte dal sentire intimistico per trovare libero sfogo nella creatività condivisa.
fino al 30 novembre
Palazzo Saluzzo Paesana, via della Consolata 1 bis, Torino