Il “vattene” di Pietro Ruffo

Pietro Ruffo pur partendo da un dato reale rappresenta ciò che non esiste. Anche se l’inesistenza di una sua rappresentazione non significa necessariamente finzione. Se c’è una parola impossibile nella poetica dell’artista quella, infatti, è proprio menzogna. Ruffo come antico navigatore usa le carte geografiche finora note per scoprire terre sconosciute, le usa come base per sapere dove cominciare a cercare. L’artista incorpora linguaggi diversi su di un unico supporto e la carta geografica è solo un punto di partenza, quasi una scusa, per poter rendere visibile ciò che la mappa tiene in segreto, le sue nuove terre sono i modi di rendere piene e soggettive le piatte e oggettive cartine terrestri.

Irhal, irhal si chiama la personale dell’artista che inaugura il 29 ottobre nella galleria Lorcan O’Neill di Roma. Irhal, irhal significa vattene tradotto direttamente dall’arabo e irhal, irhal era il motto rivoluzionario della primavera araba, fra le parole più usate dagli insorti insieme a Libertà, giovani e futuro. Queste stesse parole campeggiano in scritte d’oro sulle cartine geografiche dell’Egitto, della Tunisia e del Barhein, giustapposte ai confini delle montagne, al corso dei fiumi, sopra le pianure. Le lettere arabe regalano alla cartina l’attualità, la possibilità di far parlare delle stupide linee politiche. Ruffo costruisce 10 quadri e una scultura rendendo tridimensionali le mappe, tagliando la carta e ricomponendo il mondo in rilievo come fosse  una maiolica islamicha nei pavimenti dell’Alhambra in Spagna. Così, l’intero globo si trasforma in un’intera rete dove parti lontanissime fra loro si trovano unite grazie a una traccia e forse niente è più esplicito per una rappresentazione del web, motore portante della primavera araba.

Il lavoro dell’artista sembra essere una scelta di libertà nei confronti dei confini politici o dei vincoli che una qualunque cartina geografica può rappresentare e ogni lavoro è una dichiarazione d’amore per le cartine di Alighiero Boetti. Ruffo gioca sull’interpretazione sull’importanza delle parole, sulla stupidità delle demarcazioni politiche. Ruffo in qualche modo mette i panni di dio per queste sue undici creazioni, gioca a ricostruire un mondo ma senza allontanarsi troppo dal punto di partenza, anzi, pare proprio che la sua missione sia rivelare il buco della rete, la polvere sotto il tappeto che c’è ma che tutti nascondono. Pietro Ruffo insomma rappresentanto l’irreale ci presenta la grande realtà.

Leggi il commento di Claudia Quintieri

fino al 6 dicembre

Galleria Lorcan O’Neill, via orti d’Alibert 1, Roma

info: www.lorcanoneill.com/site/index.php

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