L’italia di Le Courbusier

Sono passati cinquant’anni dalla prima grande mostra in Italia dedicata a Charles-Édouard Jeanneret (1987-1965), meglio conosciuto come Le Corbusier, pseudonimo che scelse a partire dal 1920. Riduttivo definirlo architetto, egli fu scultore, pittore oltre che un importante pensatore del suo tempo. Il museo Maxxi di Roma omaggia la sua figura ospitando, dal 18 ottobre al 17 febbraio 2013, la mostra L’Italia di Le Corbusier, con l’obbiettivo di mettere in luce l’ampiezza delle suggestioni che la nostra penisola ha avuto su uno dei padri dell’urbanistica moderna. Organizzata dal dipartimento del Maxxi architettura, l’esposizione è stata curata da Marida Talamona ed è stata realizzata tramite il partenariato con la Fondation Le Corbusier di Parigi, oltre che grazie alla collaborazione di un consiglio scientifico composto da massimi esperti della vicenda lecorbuseriana.

L’attraente allestimento, semplice nei materiali ma elegante nella disposizione, scandisce ritmicamente il percorso in sezioni trasversali. La narrazione segue un andamento cronologico e tematico, illustrando le varie tappe che, tra il 1907 e il 1965, hanno segnato la congiuntura del maestro svizzero con il nostro paese, in una ricca varietà di circostanze e approcci. Appunti, disegni, schizzi, acquerelli, dipinti e fotografie, tutto materiale che chiarisce le suggestioni della nostra cultura e le relazioni che egli instaura tanto con gli artisti quanto con gli architetti italiani suoi contemporanei. Il rapporto di Le Corbusier con l’Italia ha inizio per motivi di studio. Quattro sono i viaggi di formazione che il maestro ha compiuto tra il 1907 e il 1922, durante i quali visitò meravigliosi luoghi, tra i quali: Roma, Tivoli, Pisa, Napoli, Pompei. Dettagliati disegni e acquerelli dimostrano il suo interesse nel comprendere le pitture e la decorazione architettonica degli edifici del XII e del XIII secolo, prima, e le costruzioni della civiltà romana oltre che l’architettura di Michelangelo e di Palladio, poi. Decisivo il viaggio che l’architetto compie nel 1907 in Toscana, durante il quale visitò la Certosa del Galluzzo. Le celle/abitazioni dei monaci hanno rappresentato un modello per la progettazione della “casa operaia di tipo-unico”.

Il Monastero Certosino rappresenta, inoltre, una fonte di ispirazione per le case dom-ino: quelle abitazioni popolari a basso costo elaborate per permettere, in tempi brevi, la ricostruzione delle aree devastate nel periodo successivo alla prima guerra mondiale. Nell’ottobre 1920, a Parigi, Le Corbusier fonda insieme a Amédée Ozenfant e a Paul Dermée la rivista L’Esprit nouveau. Nascono in questo periodo gli scambi con le riviste italiane, artistiche e letterarie. Significativo è il rapporto con Valori Plastici, non marginali sono le affinità iniziali tra le ricerche di Carrà, Morandi e il Purismo di Ozenfant e Jeanneret. La mostra al Maxxi ha il merito di illustrare l’evoluzione del pensiero di uno dei maestri del movimento moderno,riuscendo ha restituire una figura di uomo a tutto tondo. Fotografie, video, progetti e modellini testimoniano le due importanti committenze, una privata e l’alta pubblica, ottenute da Le Corbusier in Italia nel secondo dopoguerra. Ma, sia il Centro di calcolo elettronico Olivetti a Rho che il nuovo ospedale di Venezia, non sono mai stati realizzati; nonostante ciò, questi, rappresentano di fatto l’apice e la conclusione dei rapporti dell’architetto con il nostro paese, come pure della sua lunga carriera.

fino al17 febbraio 2013

Maxxi, via Guido Reni 4, Roma

info: www.fondazionemaxxi.it