Tutti i santi giorni

«Il racconto ironico e raffinato di una travolgente storia d’amore che, nella ferocia e volgarità del mondo, assomiglia a qualcosa di autentico». Questa la chiave del romanzo di Simone Lenzi, La generazione, secondo Paolo Virzì, libro cui si è ispirato per il suo Tutti i santi giorni, in sala da giovedì 11, distribuito da 01.

I protagonisti sono Guido e Antonia – Luca Marinelli, il Mattia de La solitudine dei numeri primi e Federica Victoria Caiozzo, cantante siciliana, in arte Thony – una coppia eccentrica che vive nella periferia di Roma. Lui è molto riservato e colto, appassionato di lingue antiche e «più grande esperto mondiale di santi e martiri» come lo definisce il fratello: ma, al posto di insegnare all’estero, fa il portiere di notte in un albergo, senza recriminazioni. Quando torna dal lavoro, sveglia Antonia con un rito che si ripete ogni mattina: colazione, vita morte e miracoli del santo del giorno celebrato dal calendario, e poi finiscono col fare l’amore. Sono molto diversi: lei è irrequieta e permalosa, lavora in un autonoleggio ma è un’aspirante cantante il cui unico fan è proprio Guido.

La loro storia sembra indistruttibile finché il pensiero ostinato di un figlio che non arriva non mette in moto conseguenze imprevedibili. «Anche questa volta ho raccontato la vita – ha detto Virzì durante un’affollata presentazione ieri a Roma – mi sono sempre interessate le persone. Nonostante il film sfiori tante questioni attuali, dalla medicina moderna alla sottoutilizzazione dei talenti e delle capacità dei giovani, alle stesse precarietà e crisi, la cosa che più mi è stata a cuore, e che trovo più affascinante, è riuscire a suscitare sentimenti di umanità e simpatia. I protagonisti sono una coppia vera nel gelo della società italiana, sono un’anomala verità». Il film alterna in una narrazione equilibrata momenti di puro divertimento e risate ad altri riflessivi e intensi: impossibile non provare empatia nei confronti dei due ragazzi. «Ho scelto un plot semplice e una messa in scena pura – ha concluso il regista di La prima cosa bella – per descrivere l’autenticità del sentimento di Guido e Antonia, che è ciò che mi interessava davvero raccontare».

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