Una mostra invisibile

Perdersi alla scoperta delle 41 installazioni audio di artisti contemporanei sparse tra gli spazi della favolosa architettura di Renzo Piano. Forte Piano: le forme del suono è il titolo dell’evento che raccoglie i lavori di 80 artisti internazionali, di diverse generazioni, che hanno lavorato con la materia astratta del suono. Musiche e voci, suoni e rumori in un percorso labirintico tra l’interno e l’esterno, tra i corridoi e i bagni, le sale di ingresso e quelle dei concerti, tra il giardino pensile e la cavea. Se la prima parte dell’evento si è svolta tra il 2 maggio e il 10 luglio scorso, il 19 luglio ha avuto inizio la seconda e ultima fase della mostra, visitabile durante tutto l’arco della giornata, fino al 31 ottobre. Da Nam June Paik e Joseph Beuys ad Alberto Garutti, da Giuseppe Chiari a Michelangelo Pistoletto, il percorso della mostra può essere fluido e casuale o disciplinato se si vuole seguire la piantina per andare alla ricerca dell’opera sonora, per sua natura invisibile agli occhi ma percepibile dalle orecchie e le cui vibrazioni giungono allo spirito.

L’idea è stata quella di disseminare i lavori in punti diversi dell’auditorium, si ha così si la possibilità di scoprire scorci inediti della sua struttura e percorrere sale e corridoi non da tutti conosciuti, instaurando come un rapporto di gioco con lo spettatore che andrà alla ricerca delle opere. Siamo così spronati ad addentrarci in luoghi popolati da presenze acustiche e ci troviamo a reinterpretare luoghi. Possiamo essere spaventati o piacevolmente sorpresi e stimolati, dai suoni che provengono da altoparlanti, durante una passeggiata o mentre ci dirigiamo verso le sale per assistere a uno dei concerti. Si può essere stupiti, disturbati o persino annoiati dai rumori inaspettati che giungono anche in luoghi particolari e intimi come le toilette. All’ingresso del complesso dell’auditorium lo spettatore è messo subito in “riga” dagli ironici comandi chiari e squillanti di Gianfranco Baruchello. Si tratta di Comandi militari e istruzioni per armi inesistenti, una buffa e provocatoria registrazione del 1965. Nel piccolo museo archeologico vi è la strampalata installazione sonora di Marchel Broodthaers dal titolo Interview with a cat del 1970, nella quale l’artista disquisisce con un gatto miagolante sul valore dell’arte. Anche passeggiando per i giardini pensili si incontrano diversi lavori sonori: la parola è utilizzata per la sua musicalità da Mimmo Rotella, il lavoro del duo napoletano Bianco-Valente, Lucia Ronchetti (vicino all’orto biologico), Mario Verandi (tra i giochi per bambini), Nico Vascellari, Mario Schifano, Luca Vitone, solo per citarne alcuni.

Il percorso si termina o inizia, dipende dai punti di vista, con Sveglia! (2012), l’opera di Alfredo Pirri: un orologio – l’unica opera sonora visibile – si trova in una teca nella sala della biglietteria. «L’orologio – come spiega l’artista – scandisce il suono del tempo, un tempo interno che altri hanno regolato» che, a differenzia dal metronomo, ha un suono astratto. Forte piano ben si amalgama all’identità del luogo in cui è inserita, permettendo un’esperienza plurisensoriale, un viaggio tra suono e architettura che include meraviglia e sorpresa, paura o stupore, curiosità o fastidio. L’evento, curato da Achille Bonito Oliva, è organizzato dalla Fondazione musica per roma in collaborazione con la romana Ram – radioartemobile, una delle prime stazioni radiofoniche di internet ad avere dato spazio a un territorio di ricerca intermedio fra le arti cosiddette visive e la musica, e con la partecipazione di Ronald Feldman gallery (New York) e Galerie Mario Mazzoli art & music gallery, (Berlino).

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