L’ipotesi pittorica di Scatizzi

L’ipotesi della pittura. È il titolo della mostra che a Lucca guarda a uno degli artisti più significativi del Novecento italiano: Sergio Scatizzi. Nato nel 1918 a Gragnano, ebbe una vita densa di viaggi e di incontri con i maggiori protagonisti del tempo: fu prima a Napoli, poi a Roma dove conobbe Mario Mafai e Antonietta Raphael; nei suoi lunghi soggiorni parigini venne in contatto con Filippo De Pisis che divenne per il giovane Scatizzi personalità stimata e influente sulla sua pittura; di nuovo in patria, quando già la sua prima personale milanese del’49 e la partecipazione l’anno successivo alla Biennale di Venezia lo avevano consacrato nel mondo dell’arte, conobbe Carlo Carrà. Un’amicizia profonda e duratura lo legò poi a Ottone Rosai, il cui studio era sovente visitare. La smodata passione per l’arte classica diventa la base per le sedimentazioni del suo percorso artistico. Viaggi e incontri infatti portano a realizzare, con l’influsso delle correnti artistiche – in primo luogo l’informale – e delle personalità del tempo – come il già citato De Pisis  –  uno stile personalissimo.

Rapida la spatolata, pastoso il colore, uno spirito romantico promana da ognuna delle tele. Dai sui primissimi lavori sino agli ultimi, non smise mai di dipingere anche quando la malattia ne metteva a dura prova la tempra. Dalle opere del primo decennio di attività sino alla pittura più pura nel suo periodo informale degli anni ’60; dal colore più pastoso dei ’70 per giungere alla sua ultima stagione, una ripresa e un “rimpasto” di tutte le ricerche approntate. La mostra ripercorre le diverse stagioni e maniere dell’artista e al contempo è campionario dei temi da lui prediletti: vedute urbane, nudo in studio, varietà di paesaggi e nature morte.

Più di 70 opere dunque che scaturiscono da due distinte collezioni. La prima è della nota fondazione Ragghianti, che ha ideato e realizzato quest’esposizione come prima di una serie volta a far conoscere il suo prezioso patrimonio. La seconda ha carattere più personale, nata com’è dal rapporto di amicizia tra Scatizzi e Giuliano Innocenti, amante dell’arte del maestro e custode di un centinaio dei suoi lavori. Fino al 4 novembre è possibile immergersi in “forti esplosioni cromatiche, gorghi veementi di pasta lavorata a colpi di pollice o stecca, ma anche liquidi aloni di orizzonti evascenti, ed emozioni indicibili” che, come afferma la curatrice Giovanna Uzzani, sono i tratti peculiari della pittura scatizziana.

fino al 4 novembre

Complesso monumentale di san Micheletto, via san Micheletto 3, Lucca

info: www. fondazioneragghianti.it