Quattro dandy a villa Torlonia

In primavera una passeggiata al parco ha sempre il suo fascino, nel caso della neo-restaurata villa Torlonia, può diventare l’occasione per respirare la nobile atmosfera concepita dai principi Torlonia alla fine del settecento, di recente riportata al suo antico splendore, dopo i restauri dei magnifici affreschi del casino dei principi e della casina delle Civette. In quest’ultima sede, è ospitata la mostra L’angolo del Dandy. Un titolo che incuriosisce specie in associazione all’insolito connubio dei nomi di Karen Blixen, Luigi Ontani, Erik Satie, Luchino Visconti, quattro grandi personalità europee del mondo delle arti che per il loro stile di vita, piuttosto anticonvenzionale, dovrebbero rientrare nella categoria dei grandi dandy. La prima domanda è cosa c’entra in questa rosa di nomi Luigi Ontani, artista tutt’oggi in vita e tutt’altro che dandy? Lo si vorrebbe scoprire visitando la mostra, ma una volta giunti nella graziosa cornice della “dependance” della casina, una sola stanza a vetri sul giardino, è il percorso espositivo. Pannelli di poliplast in stile molto scolastico didascalico raccontano in maniera sommaria tra fotografie e immagini d’archivio i momenti più salienti, talvolta scandalistici, delle quattro vite, banalmente gossippate.

Se mai il dandismo può esser letto come filosofia esistenziale nell’approccio stile Oscar Wilde, ostico appare ritrovarne l’essenza nelle quattro stringate biografie esiliate ciascuna in angolo personalizzato dal tema delle vetrate della casina delle Civette e dedicato a uno dei quattro suddetti. Nell’angolo di Karen Blixen (1885-1962) la famosa scrittrice danese, conosciuta per La mia Africa, viene raccontata descrivendo la sua ossessiva passione per le composizioni floreali con cui decorava la casa di Rungstedlund vicino Copenhagen. La Blixen che da sempre aveva ambito ad appartenere all’aristocrazia si innamorò del Barone svedese Hans Von Blixen, poichè non ricambiata, pur di addivenire al titolo, sposò il suo gemello Bror, il quale le attaccò la sifilide, a detta di Karen, un buon prezzo per diventare baronessa. Come omaggio, gli addetti del museo cambiano ogni giorno o quasi, dei fiori, in discutibile stile Blixen, in un vaso posto a mo’ di altarino giusto affianco al pannello ad essa dedicato, cercando di rammentare, malamente, quelle decorazioni che decoravano la casa della scrittrice al passo con i profumi e i colori delle stagioni, in una miscellanea barocca e selvaggia di fiori, verdure e frutta. Luchino Visconti (1906 – 1976) è descritto nella solitudine aristocratica e nella grandezza della visione wagneriana, che lo portarono a dare ricchezza d’interni e sfarzo regale ai costumi e alle scenografie delle sue messe in scena, si richiamano gli eccessi produttivi per film come Senso e il Gattopardoì. L’ Angolo Visconti visualizza e approfondisce anche la figura di Ludwig II di Baviera, molto cara al grande regista, sottolineando come grandi progetti apparentemente visionari e considerati anti economici al momento della loro realizzazione, si dimostrino, invece, nel tempo lungo investimenti produttivi. Il fantoccio di Ludwig II di Baviera è presente in mostra con la sua divisa ufficiale, il costume fu realizzato dalla sartoria Tirelli che con il costumista Piero Tosi ha vestito tutti i grandi film di Visconti. L’armadio del dandy, richiama il piccolo museo parigino, da poco chiuso, dedicato a Erik Satie (1866 – 1925) la cui Vetrata-icona è la stanza delle civette. Anche al grande compositore francese, il giogo di un pannello atto a riassumerne la romantica vita parigina negli anni di Montmartre; anni passati in una stanza talmente piccola da essere da lui stesso soprannominata le “placard”, l’armadio. Attraverso una serie d’immagini dei diversi stati del “placard”, un viaggio tra i paradossi estetici, esistenziali e non solo musicali di un uomo che ha portato per vent’anni lo stesso vestito e quando pioveva proteggeva l’ombrello sotto la giacca e che era un grande camminatore notturno.

Infine, enigmatica, quanto inadeguata, la sezione dedicata a Luigi Ontani (1943). In quest’’angolo ammirabile anche dalle vetrate esterne della “dependance”, dunque senza sprecare soldi per il biglietto. Sono presentati gli studi per le vetrate d’arte create dall’artista per il palazzo dei capitani della Montagna, sede del Comune di Vergato (Bologna), suo paese natale. Le vetrate per Vergato sono state realizzate dal laboratorio vetrate d’arte Giuliani, cui si deve anche il restauro delle vetrate della casina delle Civette. Ed ecco svelato, nel più classico dei favoritismi all’italiana, il misterioso inserimento di Ontani nelle vesti di dandy degli anni 2000. Il guardaroba sfarzoso dell’artista, invocato a testimonianza del suo modo di vivere pseudo dandista, è la chiosa forzata al breve percorso espositivo. In un libro che raccoglie le firme dei visitatori, tanti bambini, dalla esemplare pazienza, scrivono il loro nome nel giorno della loro visita a villa Torlonia, sembra giusto menzionare anche loro in quanto parte attiva di una mostra inventata, grazie ad Agata, Alessio, Carlo, Valerio e Letizia.

Fino al 6 maggio
Museo della casina delle Civette, via Nomentana 70, Roma
Info: www.museivillatorlonia.it