Opere “borderline” della collezione del museo Pecci sono esposte a Milano nella mostra Turbolenze, fino al 14 aprile. Artisti di diversa provenienza, Austria, Brasile, Giappone, Italia, Russia, USA, raccontano l’instabilità economica e l’inquietudine politica e sociale degli ultimi vent’anni di storia. Apre la mostra lo sguardo femminista di Valie Export, a cui fanno eco le altre donne della mostra: dalla denuncia dei sofisticati meccanismi di distruzione di massa nell’opera-manifesto L’offesa di Lucia Marcucci, alla nudità esplicita e irriverente della donna-tappezzeria di Elena Barriolo, fino alle fotografie della russa Olga Kisseleva che sceglie il bianco e nero per documentare le manifestazioni di protesta per l’indipendenza, mentre nel video “Cosmetic emergency” l’autrice Martha Colburn sovrappone a immagini delle forze armate Usa, a cui sono offerti interventi di chirurgia estetica, le trasfigurazioni deformanti della pittura a macchia.
Non manca l’ironia nelle fotografie del giapponese Nobuyoshi Araki che da perfetto turista si ritrae durante il suo viaggio in Italia, dimostrando un carattere vivace e irrequieto nel raffigurare il proprio io in rapporto con i luoghi e gli incontri vissuti. Marcos Chavez nella serie fotografica “Burracos” sottolinea la forza della creatività spontanea che nasce dal far di necessità virtù: l’assenza di manutenzione stradale viene ovviata da assemblaggi spontanei costruiti per indicare la presenza di grosse falle nelle strade. “Trauma cube” di Vik Muniz, un grosso cubo d’acciaio inox, porta i segni della traumatici della distruzione, rivelando un’anima fragile; l’opera “Two ways of carrying a bomb. Instructions to be politically incorrect” di Erwin Wurm è una parodia della paranoia dell’emergenza sicurezza diffusa dopo l’11 settembre 2001, fotografa l’uomo qualunque in posa fisicamente sospetta.
L’austriaco Flatz si autoritrae contaminando l’iconografia del reduce di guerra sconfitto con la violenza di una nudità che porta i segni del vivere la battaglia quotidiana nella società consumista: il Rolex al polso, il codice a barre tatuato sul braccio o l’anello d’oro infilato sul pene, sono alcuni inequivocabili indizi. Come l’artista Gutov ritrae l’azione compiuta a Mosca dal collettivo artistico Radek community, simulazione di una dimostrazione in cui gli artisti innalzano striscioni con slogan assurdamente anarchici inserendosi tra la folla inconsapevole che attraversa la strada, così lo spettatore all’interno del percorso espositivo si ritrova travolto dall’esplosiva energia comunicativa delle opere in mostra. Si consiglia di allacciare le cinture di sicurezza.
Fino al 14 aprile 2012
Museo Pecci Milano, Ripa di porta Ticinese 113, Milano
www.centropecci.it