America Firenze andata e ritorno

In occasione del quinto centenario della morte di Amerigo Vespucci, Firenze celebra con la mostra Americani a Firenze. Sargent e gli impressionisti del nuovo mondo i forti legami fra vecchio e nuovo continente, illustrando la cerchia cosmopolita di artisti e di intellettuali che congiunse, fra Ottocento e Novecento, la città toscana al nuovo mondo. È la continuazione ideale dell’esposizione Cézanne a Firenze (Palazzo Strozzi, 2007), in cui si studiava per la prima volta la figura dell’italo-americano Egisto Paolo Fabbri, pittore a sua volta e tra i primi collezionisti di Cézanne.  La mostra vuole studiare il rapporto degli artisti americani con Firenze a partire dalla metà del XIX secolo sino alla prima guerra mondiale. Il flusso di questi verso l’Europa ebbe infatti un notevole incremento con la fine della guerra di Secessione, nel 1865, e fu costante fino all’inizio del Novecento. Numerosi approdarono a Parigi, altri studiarono in Germania; anche l’Inghilterra, l’Olanda e la Spagna furono mete molto ambite, ma soprattutto l’Italia rappresentò un polo di attrazione irrinunciabile per gran parte di essi: Firenze, Venezia, Roma erano, per tradizione secolare, luoghi mitizzati da coloro che volevano conoscere e studiare l’arte del passato; mete capaci, tra l’altro, di esercitare un forte fascino per la loro storia secolare, per il paesaggio e la luce mediterranea.

Sono esposte le opere di trentadue pittori americani che soggiornarono a Firenze e in Toscana e qui, a contatto con l’atmosfera e il paesaggio civilizzato delle colline, dettero vita a opere originali e fino a oggi poco note in Italia; sospese tra la formazione accademica ricevuta in patria, il confronto con gli impressionisti francesi e, per alcuni di essi, con le tele dei pittori italiani più sensibili agli effetti di luce: i macchiaioli in primo luogo e poi i naturalisti toscani. Ai precursori, maestri per le generazioni più giovani cui appartengono William Morris Hunt e John La Farge, succedono gli “espatriati” in Europa, John Singer Sargent, Mary Cassatt, James Abbott McNeill Whistler, che vantavano una brillante componente cosmopolita. Il cuore dell’esposizione è costituito dalle opere di soggetto fiorentino dipinte da alcuni esponenti del gruppo americano più vicini all’Impressionismo: i “Ten american painters”, fra cui William Merrit Chase e Frederick Childe Hassam. Anche Franck Duveneck, insieme alla moglie Elisabeth Boott, ebbe un ruolo importante nelle relazioni fra artisti americani e toscani, riunendo intorno a sé un gruppo di allievi, i cosiddetti “Duveneck boys”, fra i quali si distinsero John White Alexander e Joseph Rodefer De Camp. Le loro opere dialogano all’interno delle varie sezioni della mostra con quelle dei pittori fiorentini e toscani che si avvicinarono maggiormente alla maniera sofisticata e ricca di suggestioni letterarie promossa dai circoli più esclusivi di quella colonia internazionale: fra questi Telemaco Signorini, Vittorio Corcos, Michele Gordigiani e, toscano naturalizzato, Giovanni Boldini. La vita e l’attività degli americani a Firenze si intreccia inoltre con quella di intellettuali, collezionisti, scrittori, critici d’arte loro connazionali che condivisero le stesse esperienze fra arti figurative, idee estetiche, letteratura, venendo spesso ritratti dai loro amici pittori: Gertrude Stein, Mabel Dodge, Bernard Berenson, i fratelli Henry e William James, Egisto Fabbri e la sua famiglia (le sorelle Ernestine, pittrice e fotografa, e Cora, poetessa) Mabel Hooper La Farge, Bancel La Farge, Charles Loeser, Edith Wharton, Vernon Lee.

All’interno della mostra saranno inoltre presenti ritratti femminili di grande qualità, in cui la donna diventa simbolo della moderna nazione americana: giovani, adolescenti o addirittura bambine, spesso vestite di bianco, incarnano la purezza e le speranze di un’intera nazione, come si vede in special modo nei dipinti di Tarbell e di Benson. Il tema, centrale, del ritratto femminile si ricollega all’attività delle pittrici d’oltreoceano, molto più emancipate delle coetanee francesi ed europee in genere. Le più intraprendenti giunsero in Europa e contribuirono agli scambi fra il loro paese e il vecchio continente: Mary Cassatt, Cecilia Beaux, cui fu richiesto l’autoritratto per la galleria degli Uffizi, e la scultrice Bessie Potter Vonnoh. Mentre in Europa la pittura esercitata dalle donne era considerata un passatempo, negli Stati Uniti esse furono ammesse a frequentare le accademie già dalla fine degli anni sessanta quando a Parigi e in Italia erano ancora costrette a iscriversi a scuole private. L’ultima sezione della mostra fa compiere al visitatore il percorso inverso: un salto al di là dell’Atlantico al seguito di artisti che, dopo aver viaggiato in Europa e in particolare in Italia, tornano a casa con un ricco bagaglio di esperienze e di entusiasmi. Vasti paesaggi di mare, interni con scene di intimità domestica, ritratti di intensità psicologica formano un avvincente repertorio di immagini che verrà integrato, in Italia, dall’altrettanto coinvolgente lettura dei romanzi di Henry James.

Oltre alla pittura di interni, la mostra documenta come molti pittori, una volta rimpatriati, continuassero a dipingere il paesaggio, soprattutto in estate, in piccole località di campagna e sul mare, talvolta in isole sperdute del New England. Si ricreavano colonie sulle orme di quelle che essi stessi avevano contribuito a formare in Francia e in Italia: i pittori istituivano scuole estive, si incontravano tra loro e andavano insieme a dipingere il paesaggio, i giardini dei loro cottage, animandoli della presenza dei familiari, come avviene in L’amaca di DeCamp, Mattino sul frangiflutti, Shinnecock di Chase e Ritratto all’aperto di Miss Weir di Hassam. Al pari degli interni, anche questi ritratti nella natura hanno tagli fotografici secondo uno stile appreso a Parigi da artisti come Degas, o scorci ispirati dalle stampe giapponesi delle quali gli americani, come ad esempio il pittore John La Farge, stavano diventando appassionati collezionisti. Molti artisti, tornati dall’Europa, divennero i maestri delle nuove generazioni e da questo nuovo innesto, alimentato anche dal collezionismo di arte antica e moderna europea promosso dalle facoltose famiglie americane consigliate dagli stessi artisti (Cassatt, Chase), ebbe origine la prima pittura nazionale americana.

La mostra è promossa e organizzata da fondazione palazzo Strozzi, Ministero per i beni e le attività culturali, soprintendenza Psae e per il polo museale della città di Firenze con il comune di Firenze, la provincia di Firenze, la camera di commercio di Firenze, l’associazione partners palazzo Strozzi e la regione Toscana, con il contributo di ente cassa di risparmio di Firenze e il supporto di bank of america Merrill Lynch, terra foundation for american art, Jan Shrem and Maria Manetti Farrow, Paulson family fountation.
La mostra gode del patrocino del consolato generale degli Stati Uniti d’America a Firenze e Ministero degli affari esteri.

Fino al 15 luglio
Fondazione palazzo Strozzi, p.zza Strozzi 50123, Firenze
Info: 0552645155
www.palazzostrozzi.org