Considera le fondazioni la nuova frontiera per la cultura e un’affermazione stupida e falsa la nota “boutade” dell’ex ministro Giulio Tremonti per cui con la cultura non si mangia. Presenzialista e impegnato su vari fronti (è lui l’uomo che gestisce insieme i tre colossi capitolini Palazzo delle esposizioni, Museo del Corso e Scuderie del Quirinale) Francesco Maria Emmanuele Emanuele, presidente della fondazione Roma e docente di Scienza delle finanze, è recentemente entrato nel consiglio d’amministrazione della Biennale di Venezia, fortemente voluto dal ministro alla Cultura Lorenzo Ornaghi come consigliere di nomina. Siedono al tavolo di comando, accanto all’avvocato e al presidente Paolo Baratta, il sindaco di Venezia e vicepresidente della Biennale stessa, Giorgio Orsoni, dal presidente della regione Veneto, Luca Zaia e dal presidente della provincia di Venezia, Francesca Zaccariotto.
«Penso che con la mia nomina – ha dichiarato Emanuele a Letture nuovo inseto domenicale del Corriere della sera – il ministro Ornaghi abbia voluto portare alla Biennale quei criteri di rispetto delle regole e di trasparenza a cui questo governo sembra tenere come una propria caratteristica». Emanuele lancia subito il sasso nello stagno e sottolinea la volontà di muovere verso una maggiore trasparenza e obiettività le nomine e gli incarichi. «Questo cda – continua l’avvocato – sembra abituato ad allinearsi alle decisioni del presidente senza discutere, sia quando si decidono le attività sia quando si scelgono i direttori delle diverse sezioni. Si può davvero pensare che tutto fili via liscio se, per esempio, le convocazioni per il cda e i curricula dei candidati arrivano la sera prima? Mi dispiace ma io sono abituato a un metodo diverso, più democratico e più consapevole». Ecco allora svelato il motivo per cui Emanuele si è astenuto alla nomina a direttore della Biennale d’arte di Massimiliano Gioni e la sua intenzione di continuare invece il sodalizio con Vittorio Sgarbi. «Nulla di personale, intediamoci. Come non ho nulla di personale contro Baratta. È una questione di metodo, di criteri e di trasparenza. Non si può fare una proposta alternativa e sentirsi rispondere che l’istruttoria è già conclusa. Se cambiamo metodo di gestione, che poi è anche la linea del ministero, saremo da esempio per la cultura italiana e avremo agito nell’interesse di tutti». Dopo le dichiarazioni di buone intenzioni, l’appuntamento è per 10 marzo con la riunione di convalida per la nomina di Gioni e delle altre cariche in ballo.