La galleria Lagorio Arte contemporanea di Brescia ha inaugurato il 21 gennaio una personale dell’artista vicentino Giuliano Dal Molin a cura di Elena Forin.
L’esposizione presenta il risultato della ricerca artistica di Dal Molin, una ricerca che parte da lontano e si rafforza con il passare degli anni. È da molto tempo infatti che l’artista ragiona intorno al rapporto tra la forma e il colore, termini da intendere a livello concettuale come emblemi di elementi essenziali dell’artista, più che come mezzi d’espressione. Il colore, attraverso questa “riduzione semiotica” a significato che esclude il significante diventa dunque “traccia del gesto di dipingere” e sottolinea la forma rendendola visibile, in qualche modo permettendole di esistere.
Come ci dice l’artista infatti: «L’opera non si esaurisce con la progettazione. Continua con una progressione che mi porta a sviluppare la forma anche durante l’esecuzione, seguendo la volontà interna del lavoro stesso». Ciò che risulta da questa attenta analisi sono dunque, più che opere, interventi su spazi preesistenti, che l’artista compie personalmente, indice di una preferenza per il fare arte intesa in modo fisico, concezione che appare oggi come scelta quasi citazionistica, abituati come siamo alla costante smaterializzazione e automatizzazione dell’opera d’arte.
Lo spazio architettonico viene dunque indagato e trasformato attraverso la fusione di forma, colore e luce, traducendolo in colossali punti d’attrazione per i nostri occhi. Attraverso questa riduzione ai minimi termini messa in atto, le opere di Dal Molin ci fanno riscoprire l’essenza del gesto dell’artista. La luce contribuisce poi a rendere mutevole l’opera, accarezzandola con diverse ombre durante il corso dell’esposizione.
La divisione tra pittura scultura qui non regge più e nemmeno il tentativo di incasellare questo artista in un movimento o una modalità. Ciò che ci è concesso vedere non è altro che un’idea che nasce e si presenta sotto diverse spoglie a seconda dello spazio che di volta in volta viene interrogato. Osservare queste opere richiede dunque uno sforzo, ci chiedono quasi di resettare la nostra memoria, di fare pulizia visiva nei nostri occhi per essere comprese fino in fondo.
L’artista per l’occasione ci suggerisce infatti un percorso da intraprendere con il giusto spirito, invitandoci fin dall’ingresso a varcare una soglia rappresentata da una grande porta che simboleggia, con la sua purezza formale e cromatica, il limite da oltrepassare per entrare nello “snodo tra la realtà e il valore pittorico”.
Accanto a questi colossi l’esposizione offre poi una serie di opere di formato più piccolo, opere che maggiormente hanno avuto un peso nella definitiva maturazione di questa personale visione, dandoci così la possibilità di leggere la ricerca di questo artista fin dall’inizio, e permetterci di arrivare insieme a lui a capire e intendere in modo inedito lo spazio e forse l’opera d’arte stessa. Per l’occasione verrà presentato un piccolo catalogo con saggio critico della curatrice.
Fino al 31 marzo
Lagorio Arte contemporanea
via Soldini 9/11, Brescia
Info: www.lagorioarte.it