L'invenzione del diverso

Presidente della fondazione Educazione contro il razzismo, l’ex calciatore di Parma e Juventus (nonché campione europeo e mondiale con la nazionale francese) Lilian Thuram promuove l’esposizione parigina “L’invention du sauvage”. Allestita nella cornice del musée du Quai Branly, dove resterà aperta fino al 3 giugno, la mostra presenta locandine, filmati, dipinti, dagherrotipi, cartoline e costumi per raccontare l’iter che ha condotto alla triste costruzione “del diverso”.

Dai circhi alle corti ai villaggi itineranti, messi in scena e coreografati da impresati senza scrupoli per stupire ed eccitare il pubblico, il fenomeno ha coinvolto (dagli inizi del diciannovesimo secolo fino alla metà del Novecento) circa un miliardo e quattrocento milioni di spettatori, affluiti a vedere migliaia di persone esibite come animali in gabbia. Razzismo scientifico e al tempo stesso popolare, a vantaggio di un becero voyeurismo. «La rassegna è progettata al pari di un teatro, per comprendere meglio i percorsi degli esibiti e l’approccio psicologico dei visitatori», illustra l’antropologa Nanette Jacomijn Snoep, commissario scientifico dell’evento insieme a Pascal Blanchard.

Una sorta di "freak show" che spaziava dall’esibizione dei gemelli siamesi a quella di donne e bimbi con molti peli, dagli eschimesi impellicciati alle amazzoni a seno nudo. «Il fenomeno prese piede insieme alle conquiste coloniali», rammenta Blanchard, aggiungendo che «purtroppo era fondamentale legittimare, presso l’opinione pubblica occidentale, gli imperi nascenti». Dunque esibire (anche in Italia) popoli provenienti dalle colonie era la dimostrazione tangibile di un assoluto dominio sugli stessi. «A quell’epoca la stragrande maggioranza dei cittadini europei non aveva mai abbandonato il continente. Assistere ad uno di questi spettacoli era come scoprire il mondo», chiosa amaramente Blanchard.

Info: www.quaibranly.fr