Monica Haller in "The veterans book project", personale in corso alla Nomas foundation di Roma, crea uno sguardo sul mondo dei veterani di guerra dando ampio spazio alle loro voci e alle voci di persone a loro vicine. La mostra, a cura di Stefano Chiodi, è un continuo reportage sulle esperienze dei reduci attraverso i libri. Immagini e testi sono direttamente creati dai protagonisti delle storie con il supporto della Haller, che si pone in questa maniera come mente organizzatrice che fornisce le direttive per un prodotto autentico. Non a caso all’ingresso della fondazione un video illustra il rapporto fra l’artista e le persone chiamate a rendere testimonianza mentre insieme lavorano alla produzione dei trenta libri, produzione avvenuta attraverso otto "workshop" in un anno. Immagini forti, scatti quasi impietosi, immagini traumatiche, scatti dolorosi accanto a paesaggi, fiori, bambini che sembrano non aver perso la gioia di vivere.
L’allestimento all’interno dello spazio espositivo si materializza come una biblioteca nella quale entrare e perdersi, visitare, leggere, approfondire, farsi trasportare, inventare il proprio percorso visivo, mentale e emotivo. Pubblicazioni di tutte le dimensioni appoggiate sopra grandi tavoli bianchi invitano a sfogliare, visualizzae e comprendere i testi. La consultazione si dipana nella realtà e nella fantasia: si possono immaginare percorsi e vite, momenti e tempi della memoria, si può immaginare ciò che rimane di esperienze se non sempre solo dolorose quantomeno decisive, fondamentali, spartiacque di esistenze. Tutto a partire da un approfondimento concreto di verità. Contemporaneamente alla mostra si svolge un progetto aperto fatto di studenti e insegnanti che visitando la "reading room" potranno creare video, altri libri, presentazioni. Il loro coinvolgimento apporterà una nuova visione del problema aggiungendo nuove angolazioni, nuovi punti di vista per una ricchezza di contenuti sempre più efficace e in evoluzione.
La guerra è una costante che accompagna l’uomo dall’inizio della sua storia. L’artista riflette sui nostri conflitti che si succedono senza pause comprendendo come sia importante darne una interpretazione veritiera. Nel lavoro della Haller si può riscontrare l’umiltà di rendersi disponibile alla esternalizzazione del problema in maniera da consentire a chi veramente ne è stato protagonista di esprimersi e guidare l’occhio e le menti di chi può apprendere facendo suo un bagaglio per una migliore empatia con la vita.
Fino al 23 febbraio
Nomas foundation
viale Somalia 33, Roma
Info: 0686398381; www.nomasfoundation.com