Con la cultura non si mangia. Già l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti aveva sottolineato con chiarezza un’affermazione che trova una conferma nella triste realtà. In Italia viene riservata una fetta minima dei fondi al settore culturale. Chi siede ai vertici amministrativi evita di buon grado di giocare la carta del finanziamento pubblico convinto di perdere la partita alla prima mano. La lista degli esempi è lunga; ultima dimostrazione è stata la mancata erogazione da parte del ministero ai Beni e alle attività culturali dei fondi (260mila euro) al festival del cinema di Roma, manifestazione che è potuta andare in scena grazie al sostegno di comune e regione Lazio e a partner privati, in primis Bnl.
Del resto, in un periodo in cui l’Italia ha problemi ben più gravi da risolvere, declassare ancora il panorama culturale non desta eccessivo scalpore. Anzi è lecito e giustificabile, nonché giustificato. Fondazioni, musei, gallerie e annessi da anni, ormai, tengono vive le proprie attività grazie al supporto di soggetti privati, fatta eccezione per i grandi poli attrattivi che riescono a chiudere annualmente il bilancio, in positivo o nella stragrande maggioranza solo in pareggio, anche grazie alle “donazioni” di enti territoriali o alle briciole gentilmente concesse dai piani alti di via del Collegio romano.
E tutti gli altri? “Tirano a campare”, per usare un’espressione meramente popolare. E allora se alla cultura non ci pensa abbastanza chi è chiamato per ordine costituzione a occuparsene, scendono in campo i cittadini. Perché se è vero che con questa non si mangia, sono moltissimi quelli che frenano l’educazione all’ignoranza. A ragion veduta verrebbe da dire.
È così che parte da Torino una singolare iniziativa promossa dalla Reggia di Venaria, dalla commissione Cultura della conferenza delle regioni, dall’assessore alla Cultura del Piemonte, Michele Coppola e da Finpiemonte: una carta di credito per incrementare il mercato culturale italiano, permettendo a tutti i correntisti di Cartasì di riconvertire, a ogni pagamento, i costi destinati al circuito bancario in donazioni per la cultura. La procedura è semplice: il correntista potrà farsi dare dalla propria banca una Cartasì, magari in aggiunta a quella abituale, e destinare automaticamente qualcosa all’indotto culturale. «Parlare di cultura equivale a parlare di coesione nazionale», ha detto a margine della conferenza di presentazione dell’iniziativa, lo scorso martedì, l’assessore alla Cultura della Calabria Mario Caligiuri, presidente della conferenza delle regioni, che vorrebbe estendere il progetto all’intero territorio nazionale. Che sia possibile realizzare nella pratica quello che finora si è fatto solo a parole.
Info: www.cartasi.it