È in corso fino al 9 aprile, al museo Madre di Napoli, una grande mostra antologica dedicata a Fausto Melotti (Rovereto, 1901-Milano, 1986) a cura di Germano Celant e organizzata in collaborazione con l’archivio Fausto Melotti. Riconosciuto da tempo, sia a livello nazionale che internazionale, come i suoi contemporanei Alexander Calder, Alberto Giacometti, Louise Bourgeois e Lucio Fontana, quale figura chiave nell’ambito della scultura moderna e contemporanea, Melotti si è contraddistinto per essere stato, sin dagli inizi degli anni Trenta, tra i più significativi protagonisti del rinnovamento e dello sviluppo del linguaggio plastico e materico.
La particolare capacità con cui l’artista è riuscito a coniugare la tradizione classica con gli interessi per le avanguardie europee, la conoscenza scientifica con una particolare sensibilità musicale, il talento scultoreo con quello di ceramista, la raffinata abilità letteraria e creatività poetica con la ricercatezza del disegnatore, sono tutte qualità che hanno contribuito ad affermarlo come uno dei talenti artistici più rilevanti del XXI secolo. Seppure incentrata prevalentemente sulle sculture e i bassorilievi, l’esposizione al Madre fornisce l’occasione per una lettura approfondita e analitica della complessa figura di Melotti contraddistinto per la particolare versatilità linguistica che gli ha permesso di attraversare i diversi campi della pittura, della scultura, della ceramica, della poesia, del disegno e della musica. Un universo di poesia e di musica plastica messo in storia e in racconto dall’intreccio e l’osmosi di un artista come Melotti e le vicende della cultura italiana moderna e internazionale.
L’esposizione al museo partenopeo si sviluppa attraverso le sale in maniera cronologica e pone in evidenza, attraverso una selezione di oltre 200 opere, il percorso scultoreo di Melotti più strettamente legato al mondo delle arti visive. A partire dai primi lavori realizzati all’inizio degli anni Trenta quando, attraverso la scarnificazione e la smaterializzazione della figura umana, arriva a comporre nel 1934-1935 i celebri bassorilievi che testimoniano l’adesione dell’artista al movimento astrattista. Dalle opere eseguite in terracotta o ceramica, dopo la seconda guerra mondiale, quando cioè “Melotti si rifugia nell’intimità delle piccole cose, fatte in ceramica e cotte nella piccola muffola nello studio, quasi volesse riconoscere l’agonia e la fine di un esemplarità umanistica, spostando così l’attenzione dal mondo classico delle forme e dei grandi ideali […] a una nuova soggettività, che ora è legata a una concezione naturalistica e favolistica tra essere e mondo” (Celant), si passa all’imponenza dei Sette savi in cui la figura umana viene essenzializzata e resa quasi un manichino astratto.
A seguire sono esposti lavori che pongono in evidenza l’attività di ceramista di Melotti svolta durante gli anni Cinquanta e quelli eseguiti durante i rimanenti trent’anni di attività quando la rinnovata energia di una cultura risorta dalla tragedia, scaturirà in una incessante serie di straordinarie opere. Si tratta del periodo in cui le sculture, costruite con garze, ottone, vetro, tessuto, ceramica e terracotta, fluttuano dentro e fuori il viaggio senza fine di una vitalità in movimento che sembra riedificarsi continuamente. In questo ambito, ampio risalto è dato a una serie di sculture che l’artista produrrà con una continuità di soluzioni formali e tematiche: i Teatrini, la cui tipologia consiste in una cornice-casa che può essere o aperta o chiusa sul dietro e al cui interno, spesso dislocati su diversi piani, si trovano oggetti, personaggi e figure che evocano racconti e narrazioni fantastiche. Intrecciati a queste sequenze, le sale del museo ospitano altri attraversamenti scultorei di Melotti legati a materiali come l’inox oppure affidati alla produzione di vasi e di oggetti in ceramica, tra cui spettacolari rilievi in cui il colore quanto le figure arrivano a formare storie e immagini sorprendenti: “Un agitarsi tra le essenze riconosciute di un codice scultoreo, oscillante tra il registro materiale e l’impeto mentale, tra la memoria e la ricerca, che permette a Melotti di attuare spostamenti linguistici continui, che forniscono un incanto sistematico al suo paesaggio d’artista” (Celant).
Fino al 9 aprile
museo Madre
via Settembrini 79, Napoli
Info: www.museomadre.it