“Replace” è un progetto organizzato dall’associazione Amici dei musei d’Abruzzo che nella sua prima edizione, in occasione dell’anniversario del sisma del 6 aprile 2009, ha presentato l’opera di luce di Mario Airò. Quest’anno torna con una seconda edizione, “Replace 2“, ideata e curata da Germana Galli che ha voluto riportare sul cardo medioevale dell’Aquila la luce, facendo uscire alcuni luoghi simbolo della città dalla condizione di buio e di silenzio, coinvolgendo nell’allestimento anche alcuni ragazzi del liceo Bafile e dell’accademia di Belle arti dell’Aquila.
I luoghi scelti per le installazioni luminose sono all’interno del centro storico cittadino, che da quella tragica primavera non conosce più una vitalità luminosa, essendo completamente disabitato e quindi privo di ogni forma di riconoscibilità. Il 10 dicembre le luci delle installazioni hanno ridato vita e speranza alla città che, a più di due anni dal sisma, è ancora avvolta da un silenzio e da un buio surreali. Le quattro installazioni luminose che si susseguono nel centro cittadino sono di Licia Galizia e Michelangelo Lupone, Fabrizio Corneli, Giovanni Albanese e Carlo Bernardini. Partendo dalla villa Comunale troviamo l’opera a quattro mani di Galizia e Lupone, una scultura sonora e luminosa composta da più elementi metallici dell’artista Galizia che rifrangono sia la luce che i suoni, quest’ultimi elaborati dal maestro Lupone.
L’opera di Fabrizio Corneli in piazza Duomo conferisce una nuova veste al crocevia della città, Ama con il suo gioco simmetrico di luci e ombre, nonché linguistico, ci invita alla riflessione sul significato della parola amare. La luce, mettendo in evidenza le ferite ancora aperte sulla parete che ospita l’installazione, alimenta il sentimento d’amore che deve guidare gli aquilani nella ricostruzione della loro identità. La speranza di una prossima ricostruzione è data da Giovanni Albanese con i suoi Canestri: sette contenitori luminosi di sogni dove gli aquilani potranno depositare le loro speranze.
L’installazione si trova in uno dei vicoli più conosciuti della città via Tre Marie tra l’omonimo ristorante e il cinema Imperiale fino a ora privati di qualsiasi sguardo perché irriconoscibili nella loro immobilità. L’imponente Castello cinquecentesco viene sfidato dalle fibre ottiche di Carlo Bernardini che delimitano uno spazio all’interno del fossato, che l’artista definisce “vuoto” mettendoci nella condizione di credere di aver delimitato un qualcosa che in realtà non ci appartiene perché è niente. Le installazioni saranno visibili fino al 31 dicembre.