Fabre, cuore di tenebra

In Cuore di tenebra, lettera a Jan Fabre di Philippe Van Cauteren, si legge: «Prima che il Congo diventasse un possedimento coloniale dello stato belga poteva essere meglio descritto come un ricco e incontaminato giardino privato del sovrano belga Leopoldo II. Alla fine del XIX secolo, lo stesso Leopoldo decise di istituire il Museo dell’Africa centrale, appena fuori Bruxelles. Questo “Petit Palais” belga era un deposito per i reperti coloniali del re, piuttosto che un museo. Il cuore nero, d’oro, dell’Africa è una pagina oscura nella storia nazionale e coloniale del Belgio. La ricchezza geologica e culturale di questo paese è stata per decenni il ‘locus delicti’ di atti disumani e patriarcali, le cui conseguenze sono ancora visibili oggi nell’Africa centrale».

Questo commento è pertinente alla personale “Tribute to Hieronymus Bosch in Congo” di Jan Fabre, belga classe ’58, alla galleria Magazzino di Roma. Nei lavori presentati in mostra si crea un triangolo di rimandi i cui termini sono: la storia del Belgio, la presenza del Belgio in Congo e l’arte del fiammingo Hieronymus Bosch. La metamorfosi, fisica e mentale, diventa simbolo del percorso storico del paese natio dell’artista nel secolo passato. Si concretizza il richiamo al contesto visivo dell’arte in questa nazione. Mostri e forme fantastiche di Bosch sono rivisitati e ridati a nuova vita con il riferimento alla storia coloniale del Congo. Termini antitetici come la vita e la morte, la fisicità e l’espressione mentale, il mondo animale e il mondo umano, l’artificialità e la naturalità, viaggiano su binari paralleli e allo stesso tempo intrecciati.

Ne esce un quadro intenso, esteticamente comunicativo e, in parte, drammatico. Non a caso Fabre si apostrofa come “un guerriero della bellezza, un cavaliere della disperazione”. Jan Hoet in Una membrana di luce definisce così l’opera dell’artista: «Il lavoro di Fabre è come uno scheletro a cui è stata aggiunta una membrana di luce. I carapaci dei coleotteri, che assorbono la luce solo per emetterla nuovamente, con una miriade di sfaccettature verdi, blu o arancio, a seconda della direzione della luce stessa e della prospettiva dello spettatore, assomigliano alle tessere di un mosaico tardo classico, alla potenza del loro colore limpido, eterno».

Fino all’8 gennaio
Magazzino
ia dei Prefetti 17, Roma
Info: 066875951; www.magazzinoartemoderna.com