Pixar, la fabbrica delle meraviglie

Grazie alla fabbrica delle meraviglie della Pixar, la grafica realizzata al computer negli anni è diventata più divertente e umana di una semplice sequenza di effetti speciali sparati in faccia agli spettatori. Come se le rughe del protagonista di “Up” fossero davvero un rivestimento sgualcito di un corpo che prende le decisioni in quella zona intermedia dove le ragioni del cuore plasmano i comandi del cervello. Non è un caso, dunque, se il fondatore della Pixar John Lasseter rivela un piccolo segreto che ha segnato la fortuna della casa di “Wall-e”: «Molti non sanno che la maggior parte degli artisti che lavorano da noi usano i mezzi propri dell’arte, ovvero il disegno, i colori a tempera, i pastelli e le tecniche di scultura, oltre alle tecniche dei media digitali». E questa, forse, è anche un’altra delle eredità lasciate da Steve Jobs, il defunto papà della Apple che aveva acquistato nel 1986 la Pixar dalla Lucasfilms.

«Jobs ebbe per primo, era l’86, la visione che la computer grafica avrebbe avuto un futuro molto più lungo rispetto a quello che gli altri immaginavano. Lui ha creato storie con un linguaggio inedito», spiega Maria Grazia Mattei, una persona che l’argomento Pixar lo sa descrivere come pochi e che conosce John Lasseter da una ventina d’anni. Giornalista esperta di nuove tecnologie, autrice televisiva e radiofonica, la Mattei è la curatrice di una mostra dedicata gli ideatori di “Toy story” e ai loro 25 anni di attività che inaugura il 23 novembre al Pac di Milano. «Lasseter ha lasciato la Disney per lavorare con Jobs, che aveva costituito un team di altissimo livello, e non a caso la Pixar in seguito si è unito alla Disney, combinando tradizione e innovazione. Jobs – prosegue la Mattei – è riuscito a intuire prima di tutti dove potesse andare l’industria cinematografica. Inoltre, è stato un innovatore per aver impostato una metodologia di lavoro basata sul collettivo e non sulla figura del regista come “star”. Si collabora in modo interscambiabile». La Pixar, oggi, rappresenta un punto di svolta nella storia del cinema mondiale.

«Uno spartiacque – scandisce la Mattei – perché loro sono stati i primi a produrre lungometraggi con la grafica computerizzata come protagonista. Hanno tolto da una sorta di ghetto l’animazione, creando così cinema per il cinema». Un passaggio fondamentale per approdare alla stereoscopia, il 3d con gli occhialini che ha portato su un nuovo livello la narrazione per immagini video. Perché non ci sarebbe stato nessun “Avatar”, nessuna partita di calcio a tre dimensioni, nessuna bocca aperta di fronte a uno schermo piatto e nero senza le avventure che ha raccontato la Pixar. «La grafica che si diceva fosse 3d – prosegue la curatrice – in realtà era un tentativo di creare forme che avessero una spazialità e una tridimensionalità in uno spazio bidimensionale. Gli occhialini, invece, sono una tecnica che esiste da tempo e che non aveva avuto un grande successo. Le storie che funzionano di più con gli occhiali non a caso sono quelle disegnate al computer».


LA MOSTRA

Da “Luxo Jr.” all’anticipazione di “Brave”

Il Padiglione d’arte contemporanea di Milano fa da cornice (dal 23 novembre al 12 febbraio 2012) alla mostra Pixar – 25 anni di animazione, dedicata alla casa di animazione digitale statunitense comprata nel 1986 da Steve Jobs e divenuta una fabbrica di successi grazie al fiuto di John Lasseter, attuale “chief creative officer” nonché cofondatore. Curata da Maria Grazia Mattei (giornalista esperta di nuove tecnologie), promossa dall’assessorato dalla Cultura del comune di Milano e prodotta dal Pac, dal gruppo 24 Ore e da Mgm digital communication, la mostra approda in Europa dopo essere stata al Moma di New York e dopo un tour internazionale che ha toccato l’Australia e l’Estremo Oriente. Si tratta di un percorso basato su oltre 500 opere, che parte da “Luxo Jr.” (anno 1986) e arriva ai grandi film come “Toy Story”, “Wall-e” e “Up”, con in più un’anticipazione di “Brave”, in uscita nel 2012. Tra i padiglioni del Pac è possibile spiare la fase creativa della Pixar attraverso quattro sezioni (personaggi, storie, mondi e “digital convergence”) e due installazioni, l’“Artscape” e lo “Zoetrope”, che utilizzano la tecnologia digitale per far rivivere le opere esposte, in una sorta di stereoscopia senza gli occhiali. I visitatori, dunque, hanno l’opportunità di vedere come nasce un film Pixar, dall’idea originale ai bozzetti di preparazione, dalla sceneggiatura alla realizzazione tecnica attraverso il computer, curando ogni aspetto come la luce, le espressioni dei personaggi e lo scenario. Info: www.mostrapixarmilano.it.

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