Il linguaggio dell'immagine

«L’opera di Enrico Castellani è familiare e misconosciuta allo stesso tempo: familiare perché tutti noi abbiamo ben presente almeno uno dei suoi quadri, misconosciuta perché sono pochissime le mostre che permettono di valutarne la sottigliezza e l’assoluta coerenza». Nel saggio che accompagna la retrospettiva parigina dell’artista 81enne, il curatore Bernard Blistène libera il campo da qualsiasi dubbio descrivendo, fin dalle prime battute, il profilo di Castellani, che «modella la superficie agendo sulla natura di una tela extraflessibile, inscrivendo il suo progetto nel rifiuto della planarità del quadro e nel riconoscimento delle proprietà del materiale: duttile, elastico, malleabile».

Conosciuto per le sue tele monocromatiche a rilievo, l’artista veneto è al centro di una rassegna che lo omaggia presso la galleria Tornabuoni arte, nella capitale francese, visitabile fino al 17 dicembre. Quarantacinque i lavori in esposizione, a rammentare la figura italiana che più viene associata alla corrente Zero la quale, nel rinnovare il linguaggio dell’immagine e della forma, ha considerevolmente concorso alla crescita delle avanguardie europee degli anni Cinquanta e Sessanta. «La materialità della tela è il primo soggetto dell’opera di Castellani: è lei a spingerlo verso molteplici sperimentazioni, che vanno dalla geometria più rigorosa all’invenzione di motivi aleatori disseminati secondo l’estro». Dunque l’arte di Castellani, precisa Blistène, «coniuga misura e ritmo, invenzione e tecnica». Quindi l’autore del saggio ritorna sulla “fisicità” dei lavori di Castellani.

«Creando un volume, l’artista ispira uno spessore, se non addirittura una consistenza, all’oggetto che realizza. La superficie dei suoi quadri nasce da configurazioni singolari. È un’arte che parla di geometria e di spazio, d’ombre e di luce. Le opere di Castellani non descrivono altro che il processo sottostante che le fa essere».

Info: www.tornabuoniart.fr