ìLa galleria Umberto Di Marino di Napoli ospita le prime personali di André Romão e di Pedro Neves Marques. Il primo, con la sua “Barbarian poems”, pone, come punto di partenza della sua pratica, l’uso contemporaneo del linguaggio, attraverso differenti modalità espressive, estrapolando riferimenti culturali da epoche storiche diverse per poi rielaborarli con l’intento di sottolineare gli aspetti controversi dei codici linguistici contemporanei, di cui l’arte è parte.
La mostra prende spunto da una figura fortemente caratterizzata dal punto di vista storico: quella del barbaro. Sulla sua definizione è sempre stato aperto un vivace dibattito, che col tempo ha portato a modificare l’originaria accezione negativa a vantaggio di un giudizio più aperto a considerare gli effetti rigeneranti che l’introduzione di una nuova cultura può avere su una determinata società, sebbene attraverso un processo doloroso.La violenza è un altro dei temi centrali dell’esposizione, come risulta dalla lettura degli undici “Barbarian poems” inseriti nell’omonima installazione; «i poemi – afferma Romao – richiamano all’attenzione la violenza simbolica in relazione al pensiero, la coercizione dei sistemi e la citazione come forma di produzione di significato».
Da qui la triplice proiezione con una raccolta di diversi manufatti provenienti dalle collezioni del Museo etnologico di Berlino, che richiama alla mente fasi archeologiche diverse: dal tardo Ellenismo (epoca barbarica per antonomasia), all’arte oceanica fino al realismo sociale. Vi s’intersecano le immagini scattate nella foresta poco fuori la capitale tedesca e i testi, in cui l’asprezza e la durezza dei termini adoperati mettono in luce anche il potere, non solo evocativo ma anche penetrante, delle parole.
La personale di Pedro Neves Marques, “When’s the end of elebration?”, si basa invece sulla contaminazione tra diversi campi scientifici, comune denominatore che caratterizza tutti i lavori dell’artista. La pratica di Pedro Neves Marques implica da sempre una narrativa all’interno dell’opera come sottotesto al progetto espositivo. La dislocazione temporale degli stessi contenuti enunciati si concretizza in uno spostamento concettuale più che fisico, alla ricerca di nuovi possibili punti di vista per i fenomeni contemporanei. Recentemente, infatti, l’artista si è concentrato sui modelli operativi attraverso cui avviene l’esperienza dell’altro da sé nonché la relazione tra le differenze, intendendo riflettere sulle condizioni storiche, sociali e psicologiche che li hanno determinati. Più concretamente, al’interno della mostra, l’indagine artistica viene sintetizzata nel confronto tra le specificità di edifici collocati in contesti differenti, insieme a una serie di foto e alcuni testi.
Il video e il testo “When’s the end of celebration?”, infatti, insiste sulle parti strutturali di uno degli edifici più riconoscibili di Lisbona come esempio di tardo postmodernismo, estrapolando dettagli da un video girato nel 1985. Così come nella serie di foto, dettagli decorativi di architetture sudamericane, le cui forme ibride influenzate dalla rappresentazione coloniale hanno forzato gli schemi di quelle europee, si mescolano con le immagini di un dipartimento di ricerca dell’università di St. Gallen in Svizzera, il cui Dipartimento di management, fin dagli anni ’60, ha sviluppato un modello economico influenzato dalle politiche ecologiche e del pensiero sistemico. Eclettismo e innovazione, quindi, si rincorrono in un cerchio continuo che individua in un ibrido citazionismo la cifra, ma anche il limite, del nostro tempo.
Fino al 2 dicembre
Galleria Umberto Di Marino, via Alabardieri 1, Napoli
Info: www.galleriaumbertodimarino.com