Dan Colen, a detta dei magazine, è il personaggio più “cool” di Manatthan. Classe 1979, infanzia nel New Jersey, dopo una serie di partecipazioni a eventi artistici di rilievo e numerosi riconoscimenti, in ultimo un’esposizione al New museum di New York, approda alla Gagosian di New York con una mostra di successo dal titolo “Poetry”. A Roma, invece, evidentemente ispirato dai problemi dello smaltimento dei rifiuti che affliggono il Belpaese, Colen ha portato con sé, nella sua prima personale capitolina, poche ma enormi opere.
Una qualità per tutte, lasciando che sia Colen stesso a qualificarle, l’essere intrise di «mondo reale, materia e forza nel mio processo artistico». «Questi materiali – continua l’artista – hanno una storia, non necessariamente una che io conosca, ma di certo ne hanno una. Non importa quanto io ci provi, gli “oggetti reali” posseggono un’infinità che non riuscirei a definire attraverso la pittura o la scultura». Parole ben spese per nobilitare sandali infradito, barattoli di vernice, stracci, corde, bottiglie, che, se mai possono aver avuto un senso nell’Arte povera – e la diatriba alla ricerca di questa risposta è ancora aperta – si riducono, oggi, a meri colorati accumuli di rifiuti, per altro non differenziati.
“Trash only trash” verrebbe da dire, senza scomodare i canoni estetici di artisti di strada quali Robert Rauschenberg, David Hammons, Gabriel Orozco o dei vati della materia come Burri e Fontana. La mitica sala ovale di via Crispi si trova asimmetricamente appesantita dall’ingombro di oggetti e materiali di scarto, sui quali solo a tratti può percepirsi l’indagine svolta da Colen. La forza energica del colore aiuta l’opera in un percorso di redenzione lasciando che, in ultima analisi, essa acquisti una sua autonoma ragion d’essere.
Fino al 29 ottobre
Gagosian Gallery
via Francesco Crispi 16, Roma
Info: 0642086498; www.gagosian.com