La parola chiave potrebbe essere attesa. Giovanni Marinelli, fotografo pesarese, classe 1945, non si è mai lasciato sedurre dalla facilità esecutiva del digitale: tutta la sua arte è rigorosamente legata alla tattilità della pellicola e al fascino dell’attesa dello sviluppo dell’immagine. Una vera e propria passione quella di Marinelli, che ancora oggi conserva un Durst A600, ingranditore utilizzato per sviluppare i primi rullini, e che continua a stampare in copia unica, su carta politenata ai sali d’argento, e a montare le sue opere fotografiche su pannello “leger”.
L’artista, che nel corso dell’estate è stato impegnato anche con mostre personali a Chicago e a Forte dei Marmi, è presente al Padilgione Italia della 54esima Biennale di Venezia, a cura di Vittorio Sgarbi, e nell’abito del progetto che si estende a tutte le regioni italiane, Marinelli espone per la regione Marche, nella collettiva allestita aperta fino al 27 novembre all’Orto dell’Abbondanza di Urbino.
La prestigiosa sede, che riapre i battenti proprio per questa occasione, ospita un significativo esempio del lavoro del fotografo. I soggetti di Marinelli tutti rigorosamente senza titolo, sono dominati da profondi silenzi. Scrive Marianna Perazzini nell’introduzione al nuovo catalogo del fotografo, intitolato L’immobilità del silenzio: «Immersa nell’abbagliante vibrazione della luce la natura perde la sua fisicità, diventando un luogo dell’anima. Sono immagini dal forte potere evocativo in cui l’uomo non viene contemplato. Le sue fotografie aeree, riprese con pellicole ad infrarossi, catturano le rughe della terra che diventano geometrie di sapore concettuale, fortemente stranianti, forme di un linguaggio dove arte e natura si mettono in relazione nell’ impianto stesso dell’opera». In un’epoca sempre più attratta dai linguaggi e dalle realtà virtuali, Marinelli sceglie di affermare con forza la sua appartenenza ad un ambiente culturalmente e fisicamente definito, in cui approfondire un dialogo intimo con il proprio io e ricreare un nuovo rapporto con il mondo attraverso le sue fotografie, tutte senza titolo per lasciare sempre spazio alla contemplazione individuale.
«Partecipo alla Biennale – afferma Marinelli – con un’opera concettuale: un genere che amo da sempre e che sento mi rappresenta al meglio, lasciando più di ogni altro libertà di interpretazione e di immaginazione da parte di chi guarda. Un vero e proprio stimolo alla fantasia ma anche all’introspezione».
Urbino, Orto dell’Abbondanza, fino al 27 novembre
Biennale 2011, Padiglione Italia, regione Marche