“Salii su un ciliegio e lanciai giù alle ragazze manciate di ciliegie, loro poi mi rilanciavano i noccioli attraverso i rami. Una volta, una delle ragazze, tenendo stretto il grembiule e inclinando la testa, si offrì così bene al bersaglio, e io mirai così giusto, che le feci cadere un grappolo proprio nel seno. Perché le mie labbra non sono ciliegie? Pensai. Come gliele getterei volentieri!”.
Non è che la più eloquente delle opere selezionate per omaggiare il poeta e artista filosofo Ian Hamilton Finlay in una mostra che ne racchiude la poetica a cinque anni dalla sua scomparsa. Con l’opera “L’Idylle des cerises” per il testo tratto dal Libro IV delle Confessioni di Jean-Jacques Rousseau, la galleria Massimo Minini di Brescia congeda “Mean terms”, titolo scelto per rappresentare il percorso espressivo di Finlay, un viaggio tra la bellezza immobile di una concezione neo-classica della natura e il suo retaggio culturale.
A proseguire la retrospettiva, opere come “Figleaf”, un gesso del 1992 con foglie di fico in rilievo, “Arbor Felice–Arbor Hellene” e “The birch tree recalls you” o “Philhellenes”, targhe di ceramica per alberi, che rimandano alla filosofia classica. Uomo fuori dal tempo e dentro la memoria di un tempo altro, Finlay ha dato vita a un immaginario formale di simboli concreti: vasi, ceramiche e incisioni plasmano la natura nel suo divenire linguaggio, un linguaggio mediato dalla volontà espressiva dell’artista. Non è un caso che una delle opere più ricordate e senza dubbio la più complessa risponde al nome di “Little Sparta”, un giardino costruito da Finlay nel 1966, anno in cui si trasferì con la famiglia nelle colline desolate del Pentlands in Scozia. Una risposta creativa alla necessità di confrontarsi con qualcosa di vivo e che prende forma dall’energia umana, laddove “naturalmente” non sarebbe mai accaduto. Sono 270 le opere che contiene “Little Sparta” e ognuna di loro vive in un mondo artefatto che non mostra alcuna sottomissione Leopardiana, ma anzi un’intima riconoscenza.
La mostra prosegue con allusioni alla navigazione e al mare che si ritrovano nella panchina di legno incisa “Drift (Mist) Net” e in “Sails”, quattro sedie una di seguito all’altra a ricordare la Galway Hooker, la tradizionale nave da pesca usata al largo delle coste Irlandesi. Un allestimento sobrio e monocorde, quasi a scandire un suono immaginario ma sentito flebile, che accompagna la malinconica bellezza dei lavori dell’artista. Una mostra che ne riassume il vissuto, anche se forse le mura di una galleria ne suggellano la definitiva scomparsa.
Fino al 17 settembre
Galleria Massimo Minini
via Apollonio 68, Brescia
Info: 030383034; www.galleriaminini.it