Mantenere ben salda quella memoria storica che avviluppa uno spazio museale così importante e, al contempo, proiettarsi fiduciosi verso un futuro non certo privo di insidie. È questo lo spirito che muove la soprintendenza alla Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma, sistema museale che fa capo alla Galleria nazionale d’arte moderna e coordina altri quattro musei: la casa museo Mario Praz, abitazione privata aperta al pubblico nel 1995; il museo Boncompagni Ludovisi, destinato a centro di promozione e documentazione delle arti decorative, della moda e del costume; la raccolta museo Manzù ad Ardea, visitabile dal 1981, che ospita le spoglie mortali dello scultore bergamasco, e il museo Hendrik Christian Andersen, che conserva opere dell’artista scandinavo naturalizzato americano. Quattro spazi che ruotano come pianeti attorno al nucleo Gnam, un museo dove passato e presente si incontrano senza entrare in conflitto, come spiega la soprintendente Maria Vittoria Marini Clarelli: «La nostra missione è quella di far convivere tradizione e innovazione, due volti della stessa medaglia, imprescindibili l’uno dall’altro. Dunque bisogna lavorare contando su entrambe le prospettive».
Da qui si evincono i compiti basilari che la Gnam porta avanti: fornire al movimento dell’arte contemporanea l’importante riserva storica costituita dalle collezioni nazionali e dall’annesso patrimonio bibliografico, offrire un orizzonte sempre più articolato dell’arte moderna, allestire mostre per valorizzare le collezioni della galleria in relazione alla realtà artistica contemporanea, sollecitare nuovo interesse verso i grandi artisti italiani degli anni Cinquanta e Sessanta. Missione che Marini Clarelli porta avanti da quando, nel luglio 2004, ha assunto la carica di soprintendente. A tal proposito, ricorda: «Ho raccolto la preziosa eredità lasciata da Sandra Pinto, andata in pensione nel mese antecedente al mio insediamento, che aveva riorganizzato il museo in una forma molto impegnativa, anche dal punto di vista delle sale, per far riemergere una serie di opere, soprattutto del Diciannovesimo secolo, ancora sconosciute».
Il medesimo principio di visibilità che ha spinto la Gnam a proporre fino al 12 giugno la rassegna Grandi nuclei arte moderna – con le iniziali delle quattro parole che richiamano il nome dello spazio museale di viale delle Belle arti – presentando per la prima volta integralmente al pubblico alcuni nuclei monografici delle proprie collezioni. A cura di Massimo Mininni con la collaborazione di Stefano Marson, l’esposizione, che ha proposto opere di Afro, Burri, Capogrossi, Consagra, Fontana, Gnoli, Guerrini, Leoncillo, Manzoni, Novelli, ha consentito di vedere, accanto ai dipinti alle sculture che rappresentano la parte più conosciuta dell’opera di questi artisti, anche altri lavori – dagli arazzi ai gioielli, dai disegni alle stampe – a completare, in maniera esaustiva, la conoscenza dell’impegno di ognuno nei diversi campi della creatività. Ciascun nucleo, allestito e proposto al pari di una retrospettiva, basilare e significativa per la comprensione dell’artista, ricostruisce in sintesi sia la sua carriera sia la storia museale e delle scelte collezionistiche operate nel corso degli anni dalle diverse direzioni della Galleria. fino 23 ottobre la Galleria nazionale d’arte moderna prosegue inoltre il ciclo con una mostra dedicata ad alcuni protagonisti del panorama artistico italiano di fine Ottocento e del Novecento. Protagonisti di questa seconda edizione di Grandi nuclei d’arte moderna, ospitata nelle sale al secondo piano del museo, sono Giacomo Balla, Filippo De Pisis, Mario Mafai, Arturo Martini, Roberto Melli, Giorgio Morandi, Pino Pascali, Enrico Prampolini, Antonietta Raphaël, Medardo Rosso e Mario Sironi.
«Abbiamo voluto riproporre quei grandi nuclei di arte moderna contemporanea che non si sono mai potuti presentare tutti insieme», spiega la soprintendente, che tiene a sottolineare l’allestimento, andato in scena in parallelo, della mostra Dante Gabriel Rossetti Edward Burne-Jones e il mito dell’Italia nell’Inghilterra vittoriana, a cura di Maria Teresa Benedetti, Stefania Frezzotti e Robert Upstone, su progetto scientifico di Benedetti, incentrata sul rapporto di fascinazione fra l’arte inglese del Diciannovesimo secolo e la cultura artistica italiana, partendo dai paesaggi d’ispirazione italiana di William Turner, passando per gli approfondimenti di John Ruskin su cicli pittorici, monumenti e architetture. E getta lo sguardo ancora più avanti: «La progettazione del 2011 è in parte legata all’apertura del nostro riallestimento, non potendo prescindere dai fondi per la cultura. Paradossalmente – prosegue – posso già anticipare due mostre che proporremo nel 2012: una sul simbolismo in Italia, l’altra sul rapporto tra Andy Warhol e i media, anche se il mio sogno sarebbe quello di presentare una rassegna sulla ceramica italiana del Ventesimo secolo, poiché ritengo sia una grande arte non ancora esplorata a dovere». Già, ma nei confronti di nuove e articolate esposizioni, la Gnam come si pone? «Occorre precisare che il nostro ampliamento non è andato a buon fine – continua Marini Clarelli – perciò dobbiamo limitarci agli spazi di cui disponiamo, che sono quelli storici del 1911 e del 1934. L’ipotesi è quella di prevedere, a breve, un riallestimento delle collezioni». Collezioni che sembrano sempre trovare il favore degli addetti ai lavori e del pubblico. «Abbiamo un osservatorio sui visitatori e stiamo cercando di capire se esiste la possibilità di cambiare alcune dinamiche, facendo emergere il “backstage”, il lavoro svolto all’interno. Comprendere, insomma, se ci sono le premesse per coinvolgere il pubblico», continua la soprintendente, che ammette la propria soddisfazione per la pubblicazione di tutti i cataloghi: «Sandra Pinto ha curato il catalogo delle collezioni del Ventesimo secolo, Elena di Majo e Matteo Lafranconi si sono concentrati sul Diciannovesimo, Angelandreina Rorro, Carolina Italiano e Stefania Frezzotti hanno pubblicato il catalogo di tutte le opere, esposte e non esposte, dal 1958 al 2008, in un collegamento tra la nostra collezione e quella del Maxxi».
Quindi la lente si sposta sulle difficoltà e sulle soddisfazioni che possono derivare dal ricoprire una carica importante come la sua: «Per quanto concerne le problematiche, metterei al primo posto l’aspetto finanziario. Siamo una struttura statale con un apparato burocratico, quindi ci troviamo sempre in equilibrio. Inoltre uno spazio museale deve mettersi in discussione, essendo un luogo inevitabilmente conflittuale. Gli aspetti positivi? La Gnam è formata da persone capaci, che si sacrificano. E poi ci sono gli artisti, che si misurano con alti livelli di creatività». Ecco, la flessibilità diventa un ingrediente irrinunciabile, sia per chi si muove dietro le quinte sia per gli artisti stessi. «Oggi questi hanno riscoperto la tecnica. Artisti che lavorano con il disegno, spesso sfruttando le nuove tecnologie di cui disponiamo, hanno capacità impressionanti nella sperimentazione e nella gestione dei materiali. Allo stesso tempo le nuove leve stanno rivalutando quegli artisti maturi che non hanno avuto grande riscontro commerciale, a cui rendono merito senza alcuna imitazione». E parlando di modelli da imitare, cosa dovrebbero invidiare gli spazi museali italiani a quelli esteri? «Le rispondo il bilancio e la programmazione – conclude la soprintendente – anche se spesso dei grandi musei internazionali sono in molti a non conoscere né il direttore responsabile né i curatori. Tornando a noi, credo che dovremmo abituarci a lavorare coralmente. Un’amica russa spesso mi dice che il nostro è un paese di solisti, dove se si canta in coro tutti vogliono fare la voce principale e nessuno il controcanto. Ecco, probabilmente è questa la vera differenza».
LA SEDE
Realizzata per i cinquant’anni dell’unità
La nascita della Galleria nazionale d’arte moderna risale al 1883. L’attuale sede, dopo il primo trentennio nella cornice di palazzo delle Esposizioni, è dal 1915 l’edificio di Cesare Bazzani, realizzato per l’esposizione che celebrava il cinquantenario dell’unità d’Italia (1911). La struttura viene ampliata dallo stesso Bazzani nel 1933-1934, ma i nuovi spazi accolgono, fino al 1945, soltanto i cimeli relativi alla rassegna del decennale del fascismo. L’importante stagione della galleria, che acquisisce lo status autonomo di soprintendenza, prende il via con la direzione di Palma Bucarelli. Oggi lo spazio ha ottenuto il riconoscimento di “museo madre”. Gnam, viale delle Belle arti 131, Roma. Aperta dal martedì alla domenica. Info: 0632298221; www.gnam.beniculturali.it.