Gli irripetibili anni '60

A Roma fino al 31 luglio, a palazzo Cipolla-fondazione Roma museo, Gli irripetibili anni ’60, un dialogo tra Milano e Roma, la mostra che forse si sarebbe dovuta intitolare, secondo le parole del presidente Emmanuele Emanuele che l’ha promossa, Lo studio Marconi a Milano, in omaggio al gallerista Giorgio Marconi che, con Schwarz, era considerato un punto imprescindibile di riferimento in quella che mezzo secolo fa già si considerava la “capitale culturale” del nostro paese.

In questa piacevole mostra sono allestite opere di grande riconoscibilità affiancate da nomi, forse meno noti al grande pubblico, ma certo importanti per una panoramica di quel laboratorio. «Si è scelto di procedere per emblemi, generando un tentativo di focalizzazione e unione evolutiva di alcune delle personalità e dei protagonisti di oltre un decennio che quel laboratorio hanno in parte fondato, vissuto e prodotto, sino alle generazioni che di quel particolare humus hanno potuto godere e che in esso si sono potute formare – scirve il curatore Luca Massimo Barbero nel catalogo – manca ancora a oggi uno studio, che auspichiamo, dell’immenso e fondamentale mondo del mercato e delle gallerie d’arte moderna e contemporanea, che di fatto hanno creato una vera e propria rete di diffusione e divulgazione, fondando così quel terreno fertile e necessario alla nascita di un nuovo collezionismo che proprio in questi anni andava solidificandosi se non crescendo con una nuova attenzione nei confronti dell’arte contemporanea, creando quella differenza, quello stacco nei confronti di un sempre presente e consolidato mondo dell’arte legato ai decenni precedenti e ai suoi maestri e protagonisti». Un estratto dell’attuale direttore del Macro di Roma che sospinge l’identificazione del decennio ’60-’70 oltre l’esegesi delle scelte curatoriali, identificando quel periodo storico come momento cruciale di innovazione del sistema italiano del fare e diffondere arte contemporanea attraverso il fondamentale contributo del privato.

Il percorso espositivo si muove dall’azzeramento formale che si intravede nella prima sezione, Monocromia e astrazione, schierando le icone di Piero Manzoni, Enrico Castellani, Lucio Fontana, Dadamaino, Agostino Bonalumi in dialogo con Fabio Mauri e Francesco Lo Savio e relativi precursori come Franz Kline, Alberto Burri, Alexander Calder, Fausto Melotti, Osvaldo Licini. Si prosegue con gli Oggetti e le immagini pop della seconda parte, documentata da lavori di Mimmo Rotella, Arman, Cesar, Christo, in parallelo a quelli degli esponenti della scuola di piazza del Popolo a Roma: Tano Festa, Franco Angeli, Mario Schifano, Giosetta Fioroni, Sergio Lombardo. Nella terza sezione l’obiettivo indaga L’internazionalità e la nuova scultura, e nel dialogo artistico di Milano con New York e Londra si materializzano Marcel Duchamp, Man Ray e David Hockney con Beuys o l’arte programmata del Gruppo T in contrapposizione al Gruppo 0 di Dusseldorf. Infine la quarta parte, Materiali, segni e figure, si raccoglie in una più intima dimensione legata al rapporto tra segno, parola e immagine con Baruchello, Emilio Isgrò, Nanni Balestrini, Alighiero Boetti in relazione a Janis Kounellis ed Eliseo Mattiacci, Valerio Adami, Roberto Crippa, Gio Pomodoro, Lucio Del Pezzo, Enrico Baj che vanno a comporre, insieme ai molti qui non citati, le circa 170 opere in mostra.

Fino al 31 luglio
Palazzo Cipolla – Fondazione Roma museo
via del corso 320, Roma
Info: www.fondazioneromamuseo.it

Articoli correlati