Dal pittorialismo degli anni Venti alla fotografia moderna degli anni Trenta (con influenze della scuola tedesca Bahaus) fino all’approdo, con uno sguardo scientemente astratto, alla difficile realtà negli anni del secondo conflitto mondiale (1939-1945). È il percorso artistico compiuto da Yasuzo Nojima, vero e proprio protagonista della storia fotografica moderna giapponese, al quale il Fotomuseo Panini di Modena dedica una mostra in cartellone fino al 5 giugno.
Si tratta della prima retrospettiva italiana dedicata all’artista, e può contare sul sostegno di due importanti realtà nipponiche: Museum of modern art Kyoto e Japan foundation. Curata da Filippo Maggia e Chiara Dall’Olio,“Yasuzo Nojima. Un maestro del Sol Levante fra pittorialismo e modernismo” presenta centododici opere realizzate nel corso di quarantatre anni (dal 1919 al 1953) tra ritratti, paesaggi, composizioni e nudi femminili, tutte provenienti dal Momak.
In netta opposizione con la debolezza fisica di cui Nojima soffrì per buona parte della vita – nato a Urawa nel 1889, morì 75enne a Hayama Isshiki – i suoi scatti sono contraddistinti da una forza incredibile, a catturare una plasticità dei corpi, dei volti e degli oggetti che sembrano uscire dalla bidimensionalità cartacea (gli sguardi delle donne, puntati decisi verso l’obiettivo, sono diretti sia al fotografo sia allo spettatore). La sensazione dunque è che i corpi siano tangibili, che se ne possa toccare con accortezza la delicata superficie. Visceralmente ancorato al Giappone, dal quale non uscì mai, Nojima considerava il vedere una componente imprescindibile dell’esistenza e mai si privava della macchina fotografica, occhio privilegiato di un’artista dal respiro internazionale.