L’obiettivo della macchina fotografica dell’artista bolognese Nino Migliori, da sempre interessato alla realtà sociale, torna a svelarsi a Milano all’Archivio ricerca visiva. Nonsenso (2011) è il suo ultimo lavoro: l’intento principale della mostra non è più né rivolto alla denuncia né alla ricerca di “facili” scorci pittoreschi, per l’autore si tratta piuttosto di un’occasione per dare libero sfogo all’incessante sperimentazione che lo contraddistingue.
Coinvolto nel rinnovamento del linguaggio fotografico che ha fatto suo dal 1948 in poi, non è la prima volta che il nome di Migliori è associato alla volontà di cambiamento e ricerca degli elementi fondanti della fotografia. Più volte nella sua storia ha sperimentato astrazioni “off camera”, manipolando e sovrimpressionando la pellicola. Dopo un iniziale e breve approccio formalista, Migliori si fa infatti più sagace fino ad accennare questioni che saranno proprie della “pop art” e soprattutto di una concettualità analitica. Nel percorso espositivo ci sono una serie di ingrandimenti di sei “polapressures” che rappresentano foglie di un banano rinsecchito. La tecnica della polapressure, ideata da Migliori nei primi anni Ottanta, serve a rendere ancora più informale la raffigurazione di una materia che ha già smarrito il suo aspetto originale, quindi lontana da una proposizione realistica della realtà. In primo luogo si riferisce al nonsense, apparentemente privo di significato, e invita il fruitore alla ricerca di un senso plausibile nella lettura dell’immagine, proiettando così il lavoro in un perenne divenire interpretativo.
In questo modo viene portato all’estremo il concetto di opera aperta e della pluralità di interpretazioni che un testo, in questo caso iconico, può offrire sottolineando che l’opera d’arte è un farsi aleatorio sempre innovato. Il guardare diviene fase creativa al pari dell’operato dell’artista, laddove lo sguardo di ciascuno è lente discorsiva del soggetto interprete, che sia esso pubblico o atore. C’è chi parla di una “fruizione concreta”. Ogni pannello avrà infinite letture, a seconda della rielaborazione personale operata dalla vista: «Il consenso – osserva Migliori – trasforma il senza senso in un nonsense-con senso». Le fotografie in mostra offrono pertanto l’occasione per approfondire una pagina importante della storia della fotografia italiana e una chiave per interpretazioni dissonanti.
Fino al 30 aprile
Archivio ricerca visiva
via Botticelli 8a, Milano
Info: 0236562537